Gli atti sottoscritti dai 763 dirigenti dell’Agenzia delle entrate nominati senza concorso rischiano di essere dichiarati illegittimi. Con conseguenze gravissime sotto il profilo del danno erariale, nonché con evidenti vantaggi per i contribuenti che potrebbero vedere trasformate in carta straccia le proprie cartelle esattoriali.
A questa conclusione è giunta la Commissione tributaria di Messina, secondo la quale gli atti in questione mantengono validità se favorevoli al privato, ma sono illegittimi (_) per difetto di competenza, se sfavorevoli.
Quindi se non interviene il governo per risolvere il problema dei falsi dirigenti dell’Agenzia delle entrate, tutti gli atti da essi sottoscritti rischiano di essere dichiarati illegittimi con conseguenze gravissime sotto il profilo del danno erariale, nonché con evidenti vantaggi per i contribuenti che potrebbero vedere trasformate in carta straccia le proprie cartelle esattoriali. Si tratta di affrontare l’irrisolta vicenda dei 762 dirigenti dell’Agenzia delle entrate (su un totale di 1143), non in possesso dei requisiti dirigenziali per non aver mai superato un concorso (vedi articolo ItaliaOggi 30/11/2011), rimossi da Tar del Lazio e congelati al loro posto dal Consiglio di stato.
Va detto che le premesse per gettare nel caos il fisco italiano c’erano già tutte in origine con la nomina extra-concorso di questi dirigenti, ma a maggior ragione ciò vale oggi in un clima decisamente più sfavorevole nei confronti dell’amministrazione fiscale per l’aggravarsi delle condizioni economiche degli italiani. Sì, perché, se si rischiò la detonazione già il 1 agosto 2011, quando il Tar del Lazio con sentenza n. 6884 annullò le circa 800 posizioni dirigenziali, ora i contribuenti sembrano essere decisamente più determinati di due anni fa nell’appigliarsi alla possibile illegittimità delle firme in calce alle cartelle esattoriali.
Nel novembre del 2011, ossia nei giorni della débâcle del governo Berlusconi e della nascita del governo Monti, per allontanare lo spettro della paralisi del gigante fiscale nella fase più acuta della crisi economica e con l’Italia sull’orlo del baratro, il Consiglio di stato intese mettere una pezza sull’illegittimo conferimento degli incarichi dirigenziali sospendendo la sentenza del Tar del Lazio proprio in considerazione del fatto che rischiava di rendere nulli tutti i loro atti. A ciò si aggiunse una norma nel decreto Salva-Italia (aprile 2012) per fare salvi gli incarichi dirigenziali già dati, fino a pronuncia definitiva della giustizia amministrativa e comunque entro il 31 dicembre 2013 (norma che creò grattacapi in parlamento al governo Monti per la presunta illegittimità costituzionale).
Ma ora anche questi rimedi temporanei risultano essere insufficienti. Infatti, il congelamento temporaneo degli effetti immediati della decisione del Tar Lazio (che annullava la delibera del Comitato di gestione dell’Agenzia delle entrate, che aveva modificato l’articolo 24, comma 2, del regolamento di amministrazione, introducendo un testo che consentiva sostanzialmente di coprire quasi tutti i posti vacanti della dotazione organica dirigenziale) ha aperto un varco per una gragnuola di ricorsi da parte dei contribuenti che possono impugnare l’illegittimità degli atti. Il punto è che la pratica si sta estendendo perfino ai dirigenti di ruolo illegittimamente assegnati alle direzioni provinciali dell’Agenzia delle entrate, sempre senza concorso.
Basti pensare, per esempio, alla sentenza della commissione tributaria di Messina (vedi articolo ItaliaOggi 20/2/2013) che ha annullato un atto amministrativo sottoscritto da un dirigente dell’Agenzia delle entrate provinciale la cui nomina era stata sospesa dal giudice del lavoro del tribunale di Messina con ben due provvedimenti (20/4/2011 e 14/3/2012) entrambi confermati in appello con la seguente motivazione: «La nomina è stata effettuata in violazione delle procedure concorsuali previste dalla legge».
La stessa Commissione tributaria di Messina il 7 marzo 2013 è intervenuta con una nota (che ItaliaOggi ha potuto consultare) sul «problema della sorte degli atti» sottoscritti dai dirigenti sospesi, con la seguente conclusione: «Gli atti in questione mantengono validità se favorevoli al privato (si tratta di un’applicazione del principio dell’apparenza ed è questo il caso in cui può parlarsi propriamente di funzionario di fatto), illegittimi (…) per difetto di competenza, se sfavorevoli. La sorte degli atti sfavorevoli dipende dai successivi accadimenti», continua la nota.
«Se la nomina (pur illegittima) non viene impugnata o, comunque, annullata, l’atto si convalida, mentre in caso contrario esso (ove non impugnato unitamente a quello di nomina) diviene illegittimo ed impugnabile». Una babele che nulla sembra avere a che fare con l’auspicata efficienza della macchina amministrativa statale. Adesso, un numero crescente di contribuenti punta su un’interpretazione molto più semplice, ricorrendo contro il Fisco, ossia sul fatto che nel momento in cui viene meno la nomina di un dirigente, con provvedimento del tribunale, automaticamente sono nulli tutti i suoi atti. Comunque sia, risulta chiaro che ci sono gli estremi per l’intervento il ministero dell’economia e delle finanze che per legge esercita l’alta vigilanza sulle agenzie fiscali.
ItaliaOggi – 11 aprile 2013