Alle dieci di sera, l’ora in cui da domani tutti gli italiani dovranno essere rientrati a casa per il coprifuoco, Giuseppe Conte ieri era ancora chiuso a Palazzo Chigi a limare l’ultima bozza del Dpcm, poi firmato nella notte. Con il premier i capi delegazione dei partiti, i ministri Boccia e Speranza e il sottosegretario Fraccaro. Giornata infinita, scandita da vertici, scontri in videoconferenza e dalle proteste dei governatori, delusi e arrabbiati per l’impostazione del decreto che conferma — da domani, quando entrerà in vigore, al 3 dicembre — la chiusura di bar e ristoranti alle 18, spegne le luci dei musei, «salva» il pranzo della domenica fuori casa per cui si è battuta la renziana Teresa Bellanova e fissa alle 22 il coprifuoco. Questa misura ha impegnato il governo per due giorni, in un conflitto tutto politico: Speranza, Boccia e Franceschini non volevano andare oltre le 20, Bellanova voleva fissarlo alle 23 e Conte, che non lo voleva affatto, ha mediato scegliendo le 22.
Il Dpcm divide l’Italia in tre fasce, contraddistinte da tre colori. Un livello nazionale, verde. Un livello arancione, con le restrizioni che scattano per le Regioni con «scenario di elevata gravità e livello di rischio alto». E infine il livello rosso, per quei territori dove lo scenario è di «massima gravità» e dove scatta il lockdown sulla base del documento scientifico di «Prevenzione e risposta a Covid-19» concordato con le Regioni: vietato spostarsi anche all’interno del proprio Comune, se non per motivi di lavoro, salute, urgenza o per accompagnare i figli a scuola.
Solo oggi sarà reso noto l’elenco delle regioni più a rischio, che secondo le indiscrezioni della vigilia sono Piemonte, Lombardia, Calabria e provincia di Bolzano. Misure più attenuate potrebbero scattare per Campania, Puglia, Veneto, Liguria e Val d’Aosta. Ma i governatori non ci stanno. Con una lettera all’«illustre presidente» Conte e ai ministri della Salute e delle Autonomie, i presidenti delle Regioni guidati da Stefano Bonaccini ribadiscono la richiesta di «univoche misure nazionali» ed esprimono «forti perplessità e preoccupazione» per i passaggi chiave dell’articolo 1, che «esautorano il ruolo e i compiti delle Regioni e Province autonome, ponendo in capo al governo ogni scelta e decisione».
Bonaccini ritiene «indispensabile» limitare il potere discrezionale che il decreto lascia al ministro della Salute sulle regioni che devono entrare in lockdown. I governatori vogliono un «contraddittorio per l’esame dei dati», che coinvolga i tecnici dei dipartimenti regionali, perché le procedure del Dpcm «non appaiono chiare». Chiedono un decreto ad hoc con le risorse per ristorare le attività economiche che saranno penalizzate dalle chiusure, nonché la sospensione delle tasse per il 2020 e il 2021. Vogliono anche congedi parentali per quei genitori che dovranno stare a casa a badare ai figli, dove scattano le zone rosse.
Il ministro Boccia ha mediato e rassicurato: non sarà il Cts, né il solo Speranza, a stilare la lista nera, perché le Regioni hanno i loro rappresentanti nella cabina di regia che valuta il sistema di monitoraggio. «Le indicazioni sono chiare sia per le norme nazionali che per le restrizioni territoriali, che scatteranno automaticamente sulla base della valutazione scientifica — replica Boccia —. Le Regioni saranno coinvolte e anche i ristori saranno tempestivi per i territori che subiranno due o tre settimane di stop».
Il Corriere della Sera