Un 59enne è stato colpito da infarto a Preabocco e la sua salma, trovata il giorno dopo, è stata sepolta solo di recente. Dopo pochi giorni è morto anche il fedele animale I parenti del defunto non volevano occuparsi del funerale e il corpo è rimasto in obitorio per giorni
Un calvario durato giorni e giorni, ma ora finalmente ha trovato degna sepoltura. Un mantovano di 59 anni ha perso la vita a causa di un arresto cardiaco, avvenuto in totale solitudine in un’area picnic la sera del 10 agosto, a due passi dall’Adige, sotto la parete rocciosa che si staglia su Preabocco, frazione di Brentino Belluno. In questo spazio verde, in un afoso 11 agosto, il corpo privo di vita è stato trovato da una famiglia arrivata sul posto per una scampagnata. Da quel momento per la salma, stesa accanto all’auto e alla quale faceva la guardia un cane, è iniziato un vero e proprio calvario dovuto a un lungo confronto con i familiari, che ha costretto a tenere il corpo in cella mortuaria per ben 10 giorni. Tutto è stato difficile fin dal primo momento. L’amore del cane per il suo padrone ha portato l’animale, un grosso esemplare incrociato con un pastore tedesco e del peso di almeno 50 chili, a non lasciare avvicinare nessuno al corpo. Difficile persino rintracciare i parenti, uno zio e due cugini, dimostratisi titubanti a prendersi carico della sepoltura del loro congiunto. Ma ecco i fatti. A notare una persona esanime, a metà mattina di sabato 11 agosto, è una famiglia di romeni, mamma papà e bambino, che voleva sostare nell’area picnic per fare un barbecue. Vedendo però quell’uomo immobile e cianotico in volto, subito chiama il 118. Arrivano sul posto i carabinieri della stazione di Peri di Dolcè e l’ambulanza con il medico. Nell’immediato, però, avvicinarsi al corpo risulta impossibile. La salma è distesa tra l’erba, vicino a un’auto dal cui baule, aperto, un cane di grossa taglia abbaia furioso e minaccia di attaccare chiunque tenti di accostarsi al suo padrone. I carabinieri devono quindi rivolgersi al veterinario dell’Ulss 22, che arriva con personale del canile sanitario dell’Ulss 20 di Verona, seda il cane con un tranquillante e lo trasporta al canile. Intanto il medico del 118 esamina il cadavere: l’ora presunta della morste risale a una decina di ore prima del ritrovamento, quindi la tarda serata del 10 agosto; la causa del decesso è arresto cardio-circolatorio: un infarto. Il corpo viene in seguito identificato come quello di un cinquantenne mantovano. Una volta avvisato il pubblico ministero, la salma viene recuperata e trasferita alle celle mortuarie del centro polifunzionale, nell’ex ospedale di Caprino, a disposizione dei famigliari per la sepoltura. Proprio a questi, però, si risale in modo difficoltoso. Solo in serata, dopo un’ intera giornata di ricerche, i carabinieri vengono a capo della questione, trovando uno zio e due cugini, unici parenti in vita e che dichiarano di non aver più rapporti con il defunto ormai da anni. Avvisati, i familiari vengono informati di come mettersi in contatto con il centro polifunzionale e l’ufficiale di stato civile del Comune, al quale compete redigere gli atti necessari alla sepoltura in qualsiasi paese avvenga. Così, il lunedì successivo, 13 agosto, il Comune contatta l’impresa funebre che aveva recuperato la salma per preparare la documentazione necessaria a portarla al paese di residenza. E a questo punto inizia una lunga trafila, con i parenti che vorrebbero far seppellire il congiunto in uno dei tre cimiteri di Brentino Belluno. Dopo varie discussioni, gli stessi parenti decidono anche di cambiare l’impresa funebre, lasciando nel frattempo la salma nella cella mortuaria per oltre 10 giorni, ossia fino a martedì 21 agosto, quando è possibile farla rientrare a Castel Goffredo. Vista tanta titubanza, in municipio si cominciava a pensare che l’uomo fosse un povero diavolo, un barbone, e che i congiunti stessero provando a sbolognare le spese del funerale alla pubblica amministrazione. Invece, alla fine, i famigliari si sono accordati con un’altra impresa, che dicono abbia proposto un migliore preventivo, ed hanno fatto seppellire il parente a Castel Goffredo, paese di nascita, dove questi per anni aveva condotto una fabbrica. E, mentre si facevano le più fosche congetture, visti i tempi di crisi e di spending review, è saltato fuori che quel signore mantovano in vita era una persona benestante, un imprenditore amante anche delle belle auto. Ora tanto ben di Dio rischia di andare a quei parenti che non avrebbero esitato a seppellirlo vicino all’Adige, forse per non accollarsi il fardello di portarlo da dove veniva. In realtà sarebbe potuto restare a riposare dove lo avevano trovato soltanto se non fosse stato riconosciuto; in questi casi infatti la Procura, trascorso un certo lasso di tempo, ordina la sepoltura in loco a spese pubbliche. Non è dato sapere che cerimonia sia stata riservata a questo signore. Forse il suo cane, una femmina, lo avrebbe seguito fino alla croce. Ma anche lei se n’è andata. Rimasta senza nome, i veterinari hanno deciso di farla morire perché era affetta da una neuropatia degenerativa non curabile. L’animale era stato portato al canile sanitario dell’Ulss 20, che si trova a Verona in via Campo Marzo, l’11 agosto dall’operatore tecnico sanitario di turno, su richiesta dei carabinieri di Peri, che si erano visti costretti a ricorrere al Servizio veterinario dell’Ulss competente per territorio, ovvero la numero 22. Il recupero era stato effettuato alle 13 e, nel giro di qualche ora il cane, evidentemente sofferente, era stato sottoposto a visita sanitaria. «Era un cane vecchio», spiega uno dei veterinari in servizio al canile, che ospita attualmente un centinaio di esemplari, «una femmina di taglia grande, un meticcio di pastore tedesco». «Poiche è stato riscontrato un deficit neurologico, l’animale aveva in pratica una paralisi agli arti posteriori, dopo qualche giorno si è deciso di sottoporlo a visita specialistica neurologica e a risonanza magnetica in uno studio specialistico che si trova in Valdastico, dove è stato riscontrato che era affetto da una neuropatia degenerativa non curabile». «Subito dopo aver letto il referto», prosegue il medico veterinario, «essendo la cagna ancora sotto anestesia per quest’analisi, il medico della struttura specializzata ha deciso che era meglio sopprimerla, anche per evitarle ulteriori sofferenze. Mancandole il padrone, tra l’altro, le sarebbe rimasto di fronte solo un lungo calvario».
28 agosto 2012