Dopo trent’anni di discussioni, multe e polemiche ad aprile è finita l’era delle quote latte. Ma il conto presentato agli allevatori dal mercato libero è stato subito piuttosto salato: un crollo del prezzo, dovuto a un eccesso di produzione combinato con l’embargo russo e il calo della domanda cinese, che sta mettendo in profonda difficoltà gli agricoltori europei.
La protesta è esplosa a Bruxelles nel giorno del Consiglio straordinario dei ministri Ue dell’Agricoltura, convocato per cercare di dare risposte concrete al settore lattiero-caseario e zootecnico. Sul piatto la Commissione europea ha messo 500 milioni di aiuti — «la più importante azione straordinaria attivata da Bruxelles in questi anni sul fronte agricolo», ha commentato il ministro Maurizio Martina — e una serie di proposte che saranno definite nei dettagli entro martedì prossimo, tra cui lo stoccaggio privato di carni e formaggi.
Circa cinquemila agricoltori provenienti da tutta Europa con 500 trattori sono arrivati nella capitale belga. Il «quartiere europeo», dove hanno sede la Commissione Ue e il Consiglio Ue, è stato completamente chiuso al traffico dalla polizia e presidiato da agenti in tenuta anti-sommossa. È esplosa la contestazione con momenti di tensione quando un gruppo di manifestanti ha dato fuoco a copertoni e cataste di legno e ha forzato i blocchi della polizia con un caravan che è stato poi incendiato. Un’escalation da cui hanno preso le distanze gli agricoltori italiani: «Comportamenti irresponsabili», li ha definiti il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo, a Bruxelles insieme a Cia, Confagricoltura e le cooperative di Aci, più Copagrir. Coldiretti ieri aveva anche un presidio, che prosegue oggi, al Brennero per «smascherare» il finto made in Italy dei prodotti lattiero-caseari che giocano sull’ italian sound ma che non rispettano le caratteristiche qualitative nella produzione tipiche dei prodotti italiani. Quanto alle proposte della Commissione Ue, per Moncalvo «bisogna capire nel dettaglio cifre e tempi degli aiuti».
Il problema è che «i prezzi al consumo in Italia sono molto alti ma nell’ultimo anno e mezzo i prezzi alla produzione sono calati di almeno il 20% . Per noi — spiega Moncalvo — c’è un problema di etichettatura d’origine che è fondamentale e che al momento hanno solo i formaggi Dop e il latte fresco, mentre noi la vorremmo su tutto. Altrimenti il consumatore è convinto di pagare un prodotto made in Italy e invece acquista un formaggio fatto altrove». Dall’inizio della crisi nel 2007, riferisce Coldiretti, in Italia sono state chiuse oltre 172 mila stalle e fattorie. E il prezzo del latte è più alto della media Ue. I Paesi del Mediterraneo hanno esigenze simili e diverse da quelli del Nord Europa. Infatti il ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina si è presentato al Consiglio con una serie di proposte condivise con Francia, Spagna e Portogallo.
Il nostro Paese ha anche un problema di filiera. «La Ue ha progressivamente rinunciato a controllare la capacità produttiva — spiega Mario Guidi, presidente di Confagricoltura — ma non ha aiutato la riconversione. La fine delle quote, unita all’embargo russo e alla riduzione dei consumi cinesi, ha mostrato che il sistema agroalimentare non garantisce il reddito minimo necessario. L’Unione europea ha distribuito risorse ma ha rinunciato a politiche di mercato: può entrare di tutto». C’è poi il rapporto con l’industria di trasformazione: «Gli agricoltori sono in una posizione di sudditanza — prosegue Guidi —. Da noi produrre il latte costa di più, perché paghiamo di più l’energia, c’è una burocrazia onerosa e più alto è il costo del lavoro. Lactalis, che è uno dei gruppi principali e fa da driver per gli altri, continua a prendere come riferimento il prezzo europeo, ma il nostro modello produttivo è diverso da quello tedesco».
Francesca Basso – Il Corriere Veneto – 8 settembre 2015