Nella filiera della carne bovina l’uso dei farmaci è già ampiamente sotto la media, ma l’azienda alza ulteriormente l’asticella per gli allevatori. Il nuovo protocollo servirà a migliorare il benessere degli animali e di conseguenza la loro salute.
Realizzare un innovativo protocollo su elevati standard per la valutazione ed il miglioramento del benessere animale negli allevamenti bovini da carne (vitelloni e scottone) e promuovere l’uso prudente degli antibiotici; e in più l’impegno per implementare elevati standard di benessere animale in allevamento, mantenendone al contempo la sostenibilità ambientale ed economica.
Sono questi gli obiettivi principali di Inalca (Gruppo Cremonini), il più importante operatore italiano nella lavorazione delle carni bovine, per migliorare l’approccio della filiera al benessere animale, secondo il principio “One health” che vede l’uomo e gli animali tra loro strettamente collegati sui temi della salute e della sicurezza alimentare.
L’azienda opera con una filiera propria, ma ha anche rapporti di fornitura di animali provenienti da 15.000 allevamenti italiani. Oggi risulta sempre più chiaro che solo le aziende in grado di assumere commitment di lungo termine con i propri fornitori possono garantire requisiti di sicurezza e di sostenibilità sul prodotto finale che il consumatore sempre più chiede. Questo sul benessere è un esempio di filiera italiana concreta e virtuosa, secondo il modello di valorizzazione della propria rete di allevatori che Inalca, insieme a Coldiretti, ha scelto come strategia di sviluppo futuro.
Il nuovo protocollo supera ampiamente le prescrizioni di legge sul benessere animale, anticipando le linee delle future regolamentazioni europee. Si tratta di un progetto biennale del valore di 300 mila euro promosso dalla Regione Lombardia e cofinanziato per circa un terzo da Inalca nell’ambito del Programma di Sviluppo Rurale 2014-2020, in collaborazione con l’Università di Milano – Dipartimenti di Scienze Veterinarie per la Salute, la Produzione Animale e la Sicurezza Alimentare (VESPA) e di Medicina Veterinaria (DiMeVet) – e la Fondazione Centro Ricerche Produzioni Animali (CRPA) di Reggio Emilia. Il Professore Carlo Angelo Sgoifo Rossi del dipartimento VESPA è il responsabile scientifico del progetto. L’attività di studio ha direttamente coinvolto anche 2 aziende agricole lombarde, attive nel settore bovino da ingrasso nelle province di Milano e Bergamo.
“È evidente – spiega Giovanni Sorlini, responsabile Qualità, Sicurezza e Ambiente di Inalca – che i temi del benessere animale e dell’uso prudente degli antibiotici sono usciti dalla sfera degli addetti ai lavori ed intercettano sensibilità etico sociali di particolare rilevanza per il consumatore, oggi più che mai disposto a riconoscere valore, di reputazione ed economico, oltreché di salute, in questi sforzi di miglioramento della filiera produttiva. Grazie a questo progetto il tema del benessere si pone al centro della produzione zootecnica e della gestione complessiva della stalla: l’applicazione del protocollo negli allevamenti permetterà infatti di individuare i punti di forza e di debolezza dell’allevamento sul tema benessere dei bovini, definire indicatori numerici e percorsi di adeguamento, coinvolgendo aspetti di tipo strutturale e gestionale, compresa l’analisi finanziaria degli investimenti e la relativa incidenza sui costi complessivi di produzione. Una consulenza a tutto tondo effettuata da veterinari esperti che intende superare il mero aspetto del controllo per privilegiare un rapporto di partnership stabile fra i vari soggetti della filiera e promuovere percorsi di miglioramento”.
La filiera della carne bovina è già attenta all’utilizzo responsabile dei farmaci antibiotici; in particolare, gli allevamenti della filiera Inalca hanno già ridotto del 18% l’utilizzo di antibiotici negli ultimi due anni. Con questo progetto l’azienda fa un ulteriore passo in avanti, estendendo l’utilizzo del protocollo a tutti i suoi allevatori italiani di bovini da carne per condividere le migliori pratiche del settore. Il primo passo del progetto consiste nella realizzazione di una banca dati per aumentare la conoscenza degli effettivi consumi della propria filiera e definire obiettivi di miglioramento. Vista la considerevole riduzione già ottenuta negli ultimi anni, si stima al momento un’ulteriore abbassamento del 10% nell’uso di antibiotici già nel corso del prossimo anno: un traguardo che verrà perseguito tramite l’applicazione estesa del protocollo e ulteriori azioni a difesa della salute degli animali, prima fra tutte la profilassi vaccinale.
Inoltre, le linee guida del protocollo intervengono su tutti i fattori che influenzano il benessere dei bovini, quali ad esempio la corretta gestione dello spazio per ogni animale, il microclima, l’organizzazione delle mandrie, le pratiche di biosicurezza, la nutrizione, l’utilizzo della paglia per la lettiera, ecc., nell’intento di combinare al meglio tutti i fattori che influenzano lo stato di benessere dell’animale e con esso l’adeguata produttività dell’allevamento.
In definitiva, col nuovo protocollo verrà reso disponibile un innovativo strumento di analisi e gestioneper migliorare il benessere degli animali e di conseguenza la loro salute.
Il fenomeno dell’antibiotico resistenza: perché è importante coinvolgere gli allevamenti
La resistenza dei batteri ai trattamenti antibiotici è un fenomeno planetario dovuto a una molteplicità di fattori, tra cui: l’abuso degli antibiotici per uso umano e nei trattamenti per gli animali da affezione, la mobilità della popolazione, le carenze igieniche negli ospedali e l’abuso negli allevamenti degli animali da carne.
L’Italia ha adottato un Piano nazionale di contrasto dell’antibiotico resistenza, che punta ad abbattere del 30% l’uso globale di antibiotici entro il 2020.
Nel caso degli animali da produzione l’uso è strettamente limitato alla cura delle patologie ed è obbligatorio un periodo di sospensione prima della macellazione, in modo che non restino residui nelle carni che mangiamo. I controlli su questo aspetto sono massicci: solo nel 2017 il Ministero della Salute, tramite gli istituti zooprofilattici regionali, ha effettuato oltre 44mila controlli, la cui positività è risultata pari solo allo 0,09 % di tutti campioni analizzati.
Rimane però il fatto che in Italia siamo al terzo posto in Europa per il consumo di antibiotici negli allevamenti e per questo è importante un impegno da parte degli operatori della filiera.
Tuttavia, è bene precisare che l’uso di antimicrobici varia tra specie animali e persino tra sistemi di produzione: la filiera del bovino da carne, in particolare, risulta la più virtuosa. I dati raccolti per l’elaborazione del protocollo Inalca, su un campione complessivo di circa 24.000 capi, registrano un consumo di antibiotici pari a 63,83 mg/pcu (quantitativo di principio attivo utilizzato per unità di bestiame), contro una media di 294,8 mg/pcu di tutti gli allevamenti italiani (dati europei Esvac). Grazie al nuovo protocollo lanciato da Inalca, questo dato è destinato a migliorare ulteriormente.
Fonte: Comunicato Stampa Inalca