È stata votata all’1.20 di stanotte in Aula a Montecitorio con 346 sì , 176 no e 10 astenuti la fiducia al Governo sul decreto Pa. Dalle 9.30 di stamane l’assemblea avvia l’esame degli ordini del giorno per poi passare alle dichiarazioni di voto finali. E il via libera, salvo sorprese, dovrebbe arrivare in giornata. Il Dl, che scade il 24 agosto, dovrà poi passare all’esame del Senato
Stop all’istituto del trattenimento in servizio, anche se per i militari resterà in vigore pure l’attuale disciplina dell’ausiliaria e del richiamo a lavoro di chi è in pensione (è stato infatti cancellato per i “trattenimenti” dei vertici delle forze armate richiamati in ufficio il limite temporale del 31 dicembre 2015, che rimane quindi valido solo per i magistrati). Le pubbliche amministrazioni avranno la possibilità di pensionare (al raggiungimento dei requisiti contributivi) anche i dirigenti a 62 anni, ma l’asticella sale a 68 anni per i primari e i professori universitari. I pensionati, pubblici o privati, potranno avere incarichi e consulenze ma solo gratuite e della durata massimo di un anno. La mobilità obbligatoria ci potrà essere entro un raggio di 50 km, ma diventa più soft per i genitori di figli piccoli (fino a tre anni) o con handicap, e con i sindacati che rientrano in gioco nella fase della definizione dei criteri per spostare personale da un’amministrazione all’altra.
Dopo le maratone notturne degli ultimi giorni il dl ha subito numerosi ritocchi, e in parte è uscito un po’ più ammorbidito rispetto alla versione licenziata dall’Esecutivo e approdata in Parlamento. Sulle Camere di commercio, per esempio, il taglio ai diritti dovuti dalle imprese viene spalmato su tre anni (non c’è più quindi il dimezzamento già dal 2015). E anche la norma sulle sezioni distaccate dei Tar viene “alleggerita”: si salvano cinque tribunali amministrativi (dove v’è una Corte d’appello), mentre ne scompariranno solo tre (e comunque solo da luglio 2015). Stretta più soft anche sul fronte dei diritti di rogito per i segretari comunali prima soppressi per tutti, poi ripristinati nei piccoli enti. E una mezza marcia indietro è stata fatta pure sugli incentivi del 2% massimo alla progettazione interna nelle opere pubbliche, che vengono salvati (seppur con una riscrittura della norma).
Tra le modifiche dell’ultima ora spunta pure un salvataggio degli onorari degli avvocati delle altre amministrazioni pubbliche. Nei casi infatti di sentenze di compensazione integrale delle spese il nuovo comma dell’articolo 9 del dl Madia prevede che, a eccezione degli avvocati dello Stato, vengano corrisposti compensi professionali in base alle norme regolamentari o contrattuali vigenti (seppur nei limiti degli stanziamenti previsti, che non possono superare quelli 2013).
Sul ripristino di «quota 96», che è la somma di età anagrafica e contributi, per il pensionamento con le regole pre-Fornero di circa 4mila insegnanti c’è invece ancora attrito tra la posizione favorevole espressa dalla commissione Bilancio della Camera e i rilievi negativi del ministero dell’Economia. La norma è confermata all’interno del decreto-legge. Ma la partita potrebbe riservare qualche sorpresa nel giro di boa a Palazzo Madama. Nel mirino ci sono soprattutto le coperture della misura, che arrivano da spending review e tagli lineari. La preoccupazione è anche più squisitamente politica, per l’apertura di un pericoloso precedente nella revisione della legge Fornero sulle pensioni che, seppur con i suoi limiti, rappresenta comunque il pilastro della sostenibilità fiscale italiana.
Tra le altre novità contenute nel dl Madia c’è la riforma dell’abilitazione nazionale per diventare professori universitari. Per chi è già in cattedra invece l’asticella per i pensionamenti d’ufficio sale a 68 anni. Ma il “licenziamento” potrà scattare solo alla fine dell’anno accademico. E con un vincolo in più: per ogni docente che andrà via bisognerà assumerne un altro oppure un ricercatore a tempo determinato. Confermato, infine, il cosiddetto «pacchetto Cantone». Che anzi tiene e si allarga con la previsione del commissariamento di aziende appaltatrici di lavori pubblici coinvolte nelle inchieste di corruzione. E ora si consente di commissariare anche i concessionari di lavori pubblici e i general contractor. Nel mirino gli appalti Mose. Arriva invece una limitazione all’obbligo di comunicazione delle varianti all’Anac, l’Agenzia nazionale anticorruzione: solo sopra 5,18 milioni e se superano il 10% del contratto.
Il sole 24 Ore – 31 luglio 2014