Fallito, martedì, il tentativo di conciliazione in prefettura a Venezia per l’assenza dei rappresentanti della Regione, ieri i medici di famiglia veneti hanno dato seguito allo stato di agitazione indetto il 4 luglio proclamando lo sciopero generale. Le quattro sigle di categoria — Fimmg, Snami, Smi e Intesa sindacale — ufficializzeranno domani tempi e modi della protesta (la seconda negli ultimi tre anni), comunque l’intenzione è di incrociare le braccia non in un’unica ma in una serie di date, paralizzando così gli ambulatori di 3200 camici bianchi. Con gravi disagi per i pazienti, soprattutto anziani. Il motivo del contendere con Palazzo Balbi è principalmente «il blocco delle Medicine di gruppo integrate» (gli ambulatori h12 o h24), oltre all’affidamento degli ospedali di comunità al privato convenzionato e ai problemi legati alla privacy che hanno fatto arenare il fascicolo sanitario elettronico.
«La Regione ha talmente a cuore il disagio dei propri medici di famiglia che ha rifiutato loro l’ascolto in tutte le sedi istituzionali e non — lamentano Domenico Crisarà (Fimmg), Salvatore Cauchi (Snami), Liliana Lora (Smi) e Antonio Fania (Impresa sindacale) —. Il ricorso allo stato di agitazione e alla mediazione del prefetto di Venezia si erano resi necessari per la totale assenza di colloquio da parte dei funzionari regionali. Dopo l’incontro del 16 maggio scorso nessun segnale, se non un’evidente volontà di bloccare ogni progettualità che riguardi l’evoluzione delle cure primarie e il ruolo dei medici di medicina generale. Dopo aver contribuito in modo efficace a costruire una modalità di assistenza territoriale di eccellenza crediamo che, essendo le uniche figure sanitarie a poter essere scelte dai cittadini e a sostenere lo sforzo delle famiglie sulle quali è stato riversato il carico assistenziale ed economico della deospedalizzazione spinta di questi anni, sia nostro diritto conoscere il reale piano di riforma della medicina territoriale. Il tanto sbandierato Piano sociosanitario — chiudono i quattro portavoce — appare per nulla attuato. Il futuro della nostra sanità è dunque indecifrabile». Scendendo nel dettaglio, secondo i sindacati sulle 400 Medicine di gruppo integrate previste entro il 2019 ne sono state attivate solo 80.
Dalla Regione replicano che il progetto non è fermo: il 20% dei 3200 medici di base è già associato negli ambulatori h12 o h24 (a seconda che la Guardia medica copra o meno l’orario 20/8) e nel giro di due anni tale percentuale dovrà arrivare al 60%. «Anche a me, come al governatore Luca Zaia, è arrivata la lettera con cui i medici di famiglia lamentano questi disagi — rivela Fabrizio Boron, presidente della commissione Sanità —. E’ vero che il taglio al Fondo sanitario imposto nel 2014 dal governo e la riforma della sanità veneta, con la riduzione delle Usl da 21 a 9 e la conseguente riorganizzazione, hanno rallentato l’attivazione delle Medicine di gruppo, ma sono sicuro che nella seconda metà del 2018 tutto tornerà a regime».
Preoccupato per lo sciopero Giuseppe Cicciù, presidente regionale del Tribunale del Malato: «Sbagliano i medici a far ricadere sulla pelle dei cittadini le loro rivendicazioni, pur comprensibili. Vigileremo affinché siano garantiti almeno i servizi essenziali di assistenza territoriale. In caso contrario lo denunceremo».
Michela Nicolussi Moro – Il Corriere del Veneto – 20 luglio 2017