Quasi quattro mesi in media per una mammografia, che diventano 142 giorni al Sud e nelle Isole. Novantatrè giorni per una colonscopia e 87 giorni per una visita oculistica. Ticket come una maionese impazzita: dai 16,5 euro delle Marche ai 29 del Friuli Venezia Giulia. Mentre a non applicare il superticket sono solo in tre: Basilicata, Sardegna e Pa di Bolzano. Otto Regioni – Abruzzo, Liguria, Lazio, Molise, Campania, Puglia, Calabria, Sicilia – chiedono la quota aggiuntiva di 10 euro a ricetta, mentre tutte le altre applicano misure alternative alla quota fissa. L’Italia delle cure a mille velocità non dà segni di ravvedimento: l’ultimo aggiornamento arriva dal Rapporto 2016 dell’Osservatorio civico sul federalismo in sanità, presentato questa mattina a Roma da Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato. Un report che fa il punto sulle principali magagne di un’autonomia che in molti casi ha prodotto frutti amari.
La proposta: abolire il superticket e varare un Programma d’azione concreto. Per questo – è la proposta del Tdm-Cittadinanzattiva – urge correre ai ripari: “Serve subito un Programma d’azione per il contrasto delle disuguaglianze in Sanità che aggredisca la questione del profondo rosso per il diritto alla salute al Sud, per la riduzione delle iniquità che attraversano tutto il nostro Paese, nelle Regioni benchmark e non”, afferma Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tdm-Cittadinanzattiva. Che aggiunge: “Serve un piano che abbia obiettivi, azioni, tempi precisi e un sistema di monitoraggio, condiviso tra Stato e Regioni, con il coinvolgimento delle organizzazioni civiche e dei professionisti socio-sanitari”. Uno sforzo corale, è insomma la ricetta suggerita, per potenziare l’attuale sistema di monitoraggio dei Livelli essenziali di assistenza, cioè lo zoccolo duro delle prestazioni che vanno garantite a tutti i cittadini in tutto il Paese. Non solo: intanto occorre eliminare le “ingiustizie” più clamorose, come il superticket. “Tassa iniqua – afferma ancora Aceti – che ha alimentato le disuguaglianze, aumentato i costi delle prestazioni sanitarie, gravando ancor più sulle tasche delle persone che sempre più spesso rinunciano a curarsi, pur avendone bisogno. La nostra speranza è che se ne possa prevedere l’eliminazione in sede di passaggio parlamentare della legge di Bilancio, visto che nel Ddl varato dal Governo non ce n’è traccia”.
La premessa perché il federalismo diventi finalmente “virtuoso” è una vigilanza serrata sull’attuazione effettiva dei tanti provvedimenti approvati nel corso degli anni. Chiamato a monitorare è il ministero della Salute: si tratta di verificare – affermano dal Tdm – che le Regioni adempiano davvero, e in caso contrario di applicare gli strumenti d’intervento, come il commissariamento, previsti dall’articolo 120 della Costituzione. Poiché la riforma promossa con referendum il 4 dicembre 2016 è naufragata, pare infatti “doveroso – conclude Aceti – capire subito se e cosa si può mettere in campo oggi, a normativa vigente – per intervenire su situazioni di iniquità che esistono nel Servizio sanitario nazionale. Il nostro report e il Programma d’azione che proponiamo vanno in questa direzione”.
I dati. La schizofrenia delle Regioni raggiunge il culmine nell’accesso alle cure, nelle lunghezze a fisarmonica delle liste d’attesa, che in definitiva incide sulle aspettative terapeutiche, nelle attese dei mezzi di soccorso, quando si aspetta anche 27 minuti o 23 minuti – in Basilicata e in Sardegna – per un intervento di emergenza-urgenza che secondo gli standard dovrebbe essere risolto in 18 minuti. E così via: introduzione lenta dei farmaci innovativi nei prontuari terapeutici ospedalieri – nel 42% delle strutture servono in media quindici giorni – farmaci equivalenti utilizzati al minimo in Basilicata (18,3%) e con un picco nella Pa di Trento (41,1%). Mentre resta bassa, al 18,8%, la media italiana di spesa per questi stessi farmaci. Poi, prevenzione classica “cenerentola” su vaccini e screening: l’Italia non raggiuge la copertura raccomandata del 95% in nessuna Regione, per nessuna vaccinazione dell’infanzia. E resta inchiodata al 50% – rispetto al 75% raccomandato – sul vaccino antinfluenzale per gli “over 65”.
Anche la sicurezza delle cure e l’ammodernamento tecnologico mostrano un’Italia a tante velocità. Malgrado i 24 miliardi di investimento per la messa in sicurezza e ammodernamento strutturale e tecnologico (spesi solo in parte), nel 2015 i cittadini continuano a segnalare al Tribunale per i diritti del malato, fatiscenza delle strutture (28,1%), scarse condizioni igieniche (30%) e problemi con macchinari e strumenti perché rotti o malfunzionanti (42%). Anche secondo il rapporto 2017 della Corte dei conti, oltre il 30% delle apparecchiature ha un’età superiore ai 10 anni; solo il 30% delle Tac è stato collaudato da meno di 5 anni e questa percentuale scende al 27% nel sud del Paese.
- I dati di sintesi sui ticket
- PDFI dati di sintesi sui vaccini
- PDFI dati di sintesi sull’oncologia
- PDFI dati di sintesi sull’emergenza-urgenza
Il Sole 24 Ore sanità – 20 ottobre 2017