L’esercizio è puramente teorico, la classica «simulazione» a bocce ferme. E per di più costruita non sui risultati futuri, quelli che si applicheranno nel 2013 sulla base dei bilanci di asl e ospedali alla chiusura della gestione di quest’anno. Ma i tecnici di governo, delle regioni e dei partiti proprio sulle «simulazioni» possibili progettano gli scenari e proposte al tavolo del federalismo fiscale applicato alla sanità. Ma nonostante tutte queste (doverose) premesse, un risultato oggi come oggi circola tra gli addetti ai lavori: se nel 2010 fossero state applicate le regole del futuro «fabbisogno standard» (il finanziamento iniziale, non la spesa finale), sulla base dei risultati del 2010, il nord avrebbe “perso” in partenza 230 milioni.
Il centro ne avrebbe lasciati sul campo 120, sud e isole maggiori avrebbero conquistato invece 350 milioni in più. Lazio (80 milioni), Emilia (60) e Lombardia (40), perderebbero di più (Veneto a -30 milioni, ndr). Sicilia (110 milioni), Campania (100) e Puglia (90) vincerebbero più risorse.
Un risultato iniziale, però. Che verrebbe però riequilibrato – riportando quasi in pareggio i finanziamenti iniziali al nord e al centro Italia – con i premi che saranno assegnati con un altro decreto alle regioni benchmark e a chi farà più controlli sui ricoveri, sugli acquisti di beni e servizi e sulle ricette e le prestazioni di specialistica realmente prestate agli italiani.
Questi possibili risultati, che apparentemente sembrerebbero in contraddizione con la pietra filosofale del federalismo che «punisce il sud sprecone e premia il virtuosissimo nord», sono stati rielaborati dopo le prime simulazioni fatte per la Copaff dalla Ragioneria generale dello stato, tenendo però presenti soprattutto due novità dell’ultim’ora.
La prima: a conti fermi (dati finali del 2008 per distribuire i fondi del 2010) e con criteri di riparto delle risorse iniziali inalterati distribuiti per “quota pesata” della popolazione, si considera che ragionevolmente per la conferenza stato-regioni le 3 regioni benchmark finali nel 2010 sarebbero state Lombardia, Toscana e Basilicata. Una del nord, una del centro e una del sud, appunto: nessuna sotto piano di rientro e almeno una (la Basilicata) di piccole dimensioni. Una formula, questa, non a caso trovata per cercare di ammorbidire gli effetti altrimenti davvero a rischio per il sud – ma non solo – derivanti da un benchmark più severo e senza scappatoie.
Seconda novità in cantiere: il premio dello 0,2% – per un totale di 213 milioni – che le modifiche già predisposte e in arrivo col prossimo decreto su “premi e sanzioni” dovrebbero riservare alle regioni benchmark (lo 0,1%, pari a 106,5 milioni) e a quelle (per un altro 0,1% complessivo) con una centrale acquisti e che aggiudicheranno gare per forniture rilevanti (e dunque a minor costo) per un valore di almeno 300 milioni, a quelle che moltiplicheranno i controlli sui ricoveri e ancora a chi metterà concretamente sotto la lente almeno il 3% delle ricette e delle prestazioni di «specialistica ambulatoriale».
A fronte di un apparente vantaggio iniziale di partenza per il sud grazie a un finanziamento più generoso (ma senza criterio di deprivazione), l’effetto finale sui conti della spesa sanitaria sarà dato dai costi standard e dalla razionalizzazione dei costi e delle uscite. Perché con i premi ai migliori, ci saranno (dovrebbero esserci) vere e proprie tagliole per chi sgarra. E che dà meno qualità e servizi. Mentre il nord avrebbe a disposizione più risorse fiscali che oggi finiscono nella “cassa comune”. Meno sprechi e spese da abbassare in alcuni casi anche vertiginosamente dove si spreca, è la scommessa. Che poi la minor spesa venga destinata a investimenti in sanità – o a pagare i fornitori – è tutt’altra partita. Ma quanto meno ridurre gli sprechi potrebbe evitare meno tagli. Non tutti, sia chiaro, ma almeno una parte.
ilsole24ore.com – 18 marzo 2011