Il fisco regionale è legge e dal 27 maggio il Dlgs entrerà in vigore dando il via al conto alla rovescia verso i costi standard che saranno a regime nel 2013
Con la pubblicazione sulla «Gazzetta Ufficiale» del Dlgs 6 maggio 2011, n.68 «Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonche’ di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario», il federalsimo fiscale regionale e quello sanitario sono una realtà: dal 2013 i nuovi totem della Sanità saranno gli attesi quanto temuti costi standard.
Loro finanzieranno i livelli essenziali di assistenza senza sprechi e sperperi e saranno costruiti in base alle performance di tre Regioni benchmark (una del Nord, una del Centro e una del Sud, tra queste una di piccola dimensione) scelte in una rosa di cinque che dovranno aver dimostrato di aver i conti a posto e di saper garantire allo stesso tempo qualità e appropriatezza delle cure.
Questi i contenuti principali del Dlgs 68/2011.
Dal fabbisogno nazionale standard a quelli regionali. Dal 2013 il fabbisogno sanitario nazionale standard è determinato, tramite intesa Stato-Regioni, «coerentemente» con il fabbisogno derivante dalla determinazione dei livelli essenziali di assistenza. Il ministro della Salute, di concerto con il ministro dell’Economia, d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, determina poi annualmente i costi e i fabbisogni standard regionali. Per la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard regionali, riferimento diventano gli elementi informativi presenti nel Nuovo sistema informativo sanitario (Nsis) del ministero della Salute. Gli indicatori della programmazione nazionale per l’attuazione del federalismo fiscale sono costituiti dai livelli percentuali di finanziamento della spesa sanitaria: 5% per l’assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro; 51% per l’assistenza distrettuale; 44% per l’assistenza ospedaliera. Il fabbisogno sanitario standard delle singole Regioni è determinato, per la prima determinazione e a decorrere dal 2013, «applicando a tutte le Regioni i valori di costo rilevati nelle Regioni di riferimento» (le Regioni benchmark).
Tre Regioni benchmark per i costi standard. Saranno 3, scelte in una rosa di 5, le Regioni benchmark per la determinazione di costi e fabbisogni standard sanitari regionali. Dovranno essere una del Nord, una del Centro e una del Sud d’Italia, e una dovrà essere di «piccola dimensione geografica». L’anno di partenza sarà il 2013 sulla base dei bilanci di Asl e ospedali del 2011. Se si partisse quest’anno le scelte cadrebbero su Lombardia, Toscana e Basilicata.
Le tre Regioni di riferimento, tra cui obbligatoriamente quella con i conti migliori (a oggi la Lombardia), saranno scelte dalla Conferenza Stato-Regioni tra le cinque indicate dal ministro della Salute, di concerto con il ministro dell’Economia (sentito il ministro per i Rapporti con le Regioni) in quanto migliori cinque Regioni per aver garantito i Lea in condizione di «equilibrio economico» e senza essere assoggettate a piani di rientro. Regioni benchmark che dovranno aver dimostrato anche di aver garantito la qualità e l’appropriatezza in base ai criteri che saranno definiti da un Dpcm, previa intesa in Stato-Regioni e sentita la «Stem» (la Struttura tecnica di monitoraggio paritetica), basandosi sugli indicatori previsti dal Patto per la salute del 2009 (allegati 1, 2 e 3 VEDI).
Livelli essenziali garantiti con il fondo perequativo. Dal 2013 viene istituito un Fondo perequativo alimentato dal gettito prodotto da una compartecipazione al gettito dell’Iva determinata in modo tale da garantire in ogni Regione il finanziamento integrale delle spese per Sanità, istruzione, assistenza sociale e trasporto pubblico locale. Nel primo anno di funzionamento del fondo perequativo le suddette spese sono computate anche in base ai valori di spesa storica; nei successivi quattro anni devono gradualmente convergere verso i costi standard. Le modalità della convergenza sono stabilite con Dpcm, su proposta del ministro per i Rapporti con le Regioni, di concerto con il ministro dell’Economia e delle Finanze, sentita la Conferenza Stato-Regioni. Le Regioni con maggiore capacità fiscale (dove il gettito per abitante dell’addizionale regionale Irpef supera il gettito medio nazionale per abitante) alimentano il fondo perequativo per «ridurre le differenze interregionali di gettito». Le Regioni con minore capacità fiscale (dove il gettito per abitante dell’addizionale regionale Irpef è inferiore al gettito medio nazionale per abitante) partecipano alla ripartizione del fondo perequativo.
Interventi straordinari per infrastrutture al Sud. Arrivano gli «interventi strutturali straordinari» per rimuovere le carenze infrastrutturali che riguardano principalmente le Regioni del Meridione, ma in genere anche le zone montane e le piccole isole, e che hanno possibili effetti sui costi delle prestazioni sanitarie.
I ritardi strutturali saranno individuati sulla base di non meglio definiti «indicatori socio-economici e ambientali» e non ricorrendo all’indice di deprivazione (condizioni socioeconomiche peggiori), criterio chiesto a gran voce dalle Regioni del Sud per la determinazione dei costi standard. Gli interventi strutturali straordinari dovranno essere effettuati in «complementarità» con gli interventi straordinari per l’edilizia sanitaria già previsti (articolo 20 della legge 67/1988).
In ogni caso dal 2013 i criteri scritti nel Dlgs per costruire costi e fabbisogni sanitari standard potranno essere rideterminati, con cadenza biennale, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni e «comunque nel rispetto del livello di fabbisogno standard nazionale» definito in base ai livelli essenziali di assistenza da erogare.
Le tasse in mano alle Regioni. Partirà nel 2013 la nuova architettura del fisco regionale. Da quell’anno saranno eliminati i trasferimenti dallo Stato alle Regioni, che in cambio potranno contare per un valore equivalente in termini di compartecipazione a Iva e Irpef e sulla possibilità di agire sull’aliquota delle attuali addizionali all’imposta sui redditi delle persone fisiche, con aumenti via via maggiori.
Dal 2013, e non più dal 2011 come inizialmente previsto, le Regioni potranno manovrare l’addizionale Irpef regionale, diminuendola o anche aumentandola rispetto allo 0,9 per cento. La maggiorazione non potrà essere superiore allo 0,5 nel 2013, all’1,1% nel 2014 e al 2,1% a decorrere dal 2015 (escluso chi guadagna meno di 15mila euro). Se la Regione ha già disposto una riduzione dell’Irap non può superare lo 0,5% di aumento. Le Regioni potranno contare, poi, su una compartecipazione all’Iva. Servirà ad alimentare il fondo di perequazione che garantisce la copertura integrale delle spese per i servizi essenziali (Sanità, scuola, assistenza, trasporto pubblico). La quota di attribuzione alle Regioni della compartecipazione all’Iva sarà assegnata con criteri di «territorialità» e si baserà sui consumi nelle diverse aree. La percentuale della compartecipazione viene stabilita con Dpcm sufficiente ad assicurare il pieno finanziamento integrale dei livelli essenziali. Sempre dal 2013 le Regioni potranno ridurre le aliquote dell’Irap fino ad azzerarle e introdurre deduzioni dalla base imponibile. Anche le Regioni saranno incentivate a partecipare alla lotta all’evasione fiscale: avranno il gettito derivante dall’attività di recupero riferita ai tributi propri e alle addizionali alle basi imponibili dei tributi erariali. Nelle loro casse va anche una quota del gettito derivante dall’attività di recupero dell’Iva.
Sanita.ilsole24ore.com – 13 maggio 2011