Michele Bocci, la Repubblica. È una triste storia, comune a tante riforme, promesse per anni e poi regolarmente rinviate. Con l’aggravante che questa volta lo slittamento riguarda la sanità, cioè il sistema pubblico di cura dei cittadini. A causa delle pressioni delle lobby delle strutture private, i nuovi Lea, i Livelli essenziali di assistenza, non partono. Almeno fino a gennaio dell’anno prossimo, non crescerà il numero delle prestazioni che le Regioni sono tenute ad offrire gratuitamente. Niente procreazione medicalmente assistita in tutto il Paese, quindi, niente cure per un maggior numero di malattie rare e croniche, niente protesi più moderne, niente stabilizzazione dei fondi per l’anoressia, niente nuovi protocolli per seguire chi ha l’autismo e così via. Sono decine le prestazioni bloccate.
Una beffa, prima di tutto per il ministro alla Salute Orazio Schillaci. Un anno fa aveva annunciato che finalmente i nuovi Lea stavano per diventare realtà e non mancava mai, nei frequenti incontri pubblici, di citarli come uno dei successi (peraltro piuttosto rari) della sua gestione. Si doveva partire il primo gennaio 2024, poi il primo aprile e infine, ha deciso pochi giorni fa la conferenza Stato-Regioni, l’anno prossimo. Anche molte amministrazioni locali sono rimaste sorprese dallo slittamento. In particolare quelle del Centro-Nord che già offrono prestazioni extra Lea e speravano in un sistema sanitario nazionale più omogeneo.
Il decreto per i Lea ha due filoni principali. Il primo è appunto quello delle prestazioni offerte gratuitamente ai pazienti. Per garantirle ci vogliono fondi che tra l’altro sono già riconosciuti alle Regioni da tempo, come ha fatto notare il Mef, che ha espresso parere contrario al rinvio. Malgrado questo si è deciso lo slittamento e ora andrà capito se hanno qualcosa da ridire Consiglio di Stato e Corte dei Conti.
Il secondo punto riguarda il cosiddetto nomenclatore tariffario. Ci si basa su quello per riconoscere alla sanità privata convenzionata il compenso per i suoi servizi. Ebbene, nel nuovo nomenclatore ci sono delle riduzioni dei prezzi (ad esempio risonanze e tac vengono pagate circa il 30% in meno). Si parte dal presupposto che con il miglioramento tecnologico i costi di certi accertamenti siano scesi. Il nodo sono i laboratori. Sulle tariffe dei singoli esami del sangue ci sono stati tagli, peraltro previsti ormai da tempo, visto che già nella precedente legislatura si era lavorato alla riforma. I titolari dei laboratori di analisi privati, per la gran parte convenzionati al Centro-Sud, hanno protestato. La loro linea è stata sposata dal presidente del Lazio Francesco Rocca, che l’altro giorno nella conferenza Stato-Regioni ha battagliato per il rinvio. In questi mesi si lavorerà a delle nuove tariffe. Intanto l’offerta sanitaria resta ferma. Le esigenze di una parte dei privati hanno prevalso su quelle dei pazienti .