I dispositivi medici valgono circa 5 miliardi, il 5% del fondo sanitario e rappresentano un «settore cruciale». Lo ha spiegato il ministro intervendo alla IV Conferenza nazionale nella sede di Confindustria
Il ministro ha ricordato che «i dispositivi medici stanno cambiando la medicina», considerato che «grazie a queste tecnologie oggi la diagnosi viene fatta fuori dall’ospedale», sottolineando che «potenzialmente i dispositivi creano una riduzione di costo, anche ci sono troppe differenze tra Regioni e Regioni e tra Asl e Asl della stessa Regione». Per questo, ha aggiunto, «il settore va messo a norma». Fazio però ha ribadito di essere contrario al «prezzo di riferimento fisso sganciato dall’innovazione», e di essere invece favorevole alla fissazione di un «prezzo di riferimento benchmark, non assoluto».
L’idea è che uno scostamento da questi prezzi dovrebbe poi attirar l’attenzione degli organi di controllo». Quanto invece alla questione dei ritardi dei pagamenti alle aziende, il ministro ha ricordato che esiste una direttiva Ue del 2011 che fissa il limite a 60 giorni e che «il nostro Paese dovrà recepire integralmente entro il 2013».
A commentare i ritardi di pagamento è stato Angelo Fracassi, presidente di Assobiomedica, l’associazione dei produttori di biomediclai: «L’Italia è un Paese che sta diventando negativo e non più favorevole ai siti produttivi e all’imprenditorialità», visto che «non solo non siamo più capaci di attirare capitali esteri ma siamo in grado anche di farli fuggire quando ci sono, sempre di più, ha detto». «Una larga fascia dei nostri associati ha difficoltà di accesso al credito e comincia ad avere grossi problemi» ha speigato Fracassi. L’acquisto di dispositivi medici, aggiunge il presidente di Assobiomedica, «pesa solo il 5,5% sulla spesa sanitaria pubblica. Questo dimostra che con investimenti minimi e potenziando gli ospedali di tecnologie all’avanguardia si potrebbe potenziare l’offerta sanitaria attraverso soluzioni di prevenzione, diagnostiche e terapeutiche più efficaci per i cittadini». Quanto alla ricerca, ha spiegato Fracassi facendo riferimento a una norma sul credito d’imposta per le sperimentazioni, «noi siamo stufi marci di sentire quello che si dovrebbe fare per la ricerca e sviluppo: che ci paghino i nostri crediti e poi ci pensiamo noi a fare ricerca. Non abbiamo bisogno – conclude – di niente e di nessuno».
«Assobiomedica – ha detto Fracassi – crede nella sburocratizzazione e chiede procedure più snelle per le indagini cliniche, un miglior impiego del repertorio, più semplicità nel sistema Ecm. La Federazione di Confindustria che rappresenta le imprese del settore crede nell’appropriatezza e chiede percorsi diagnostico-terapeutici, linee guida, osservatori epidemiologici, programmazione degli investimenti, implementazione delle prestazioni territoriali per i pazienti cronici, filtri nell’accesso ai pronto soccorso. Poiché crediamo in tutto ciò che ho ricordato – ha concluso il Presidente Fracassi – non possono piacerci i tagli indiscriminati, i tempi di pagamento insostenibili, gli sprechi, le interferenze politiche, i vincoli di bilancio irragionevoli che mettono in difficoltà i responsabili della salute».
Altro aspetto del settore sono i dispositivi non a norma. Nel triennio 2008-2010 sono stati circa 3 milioni i dispositivi medici sequestrati dai Nas, per un valore di oltre 5 miliardi, ha spiegato Cosimo Piccinno, comandante dei Carabinieri per la tutela della salute. Nel quadro delle operazioni eseguite dei Carabinieri, ha continuato Piccinno, nel triennio sono stati effettuati 1200 controlli, 400 persone sono state segnalate all’autorità giudiziaria e 13 persone sono state arrestate per frode. «Stiamo continuando a lavorare – ha poi spiegato il Comandante – e dai primi dati del 2011 posso dire che sono in leggero aumento».
Sanita.ilsole24ore.com – 31 maggio 2011