Scatta da metà aprile un taglio dei prezzi dei farmaci fuori brevetto (generici e “originator” dei generici) con un risparmio per lo Stato di oltre 830 milioni l’anno
Toccherà 4.188 prodotti e limerà i listini degli off patent con punte fino al 40%. La decisione presa ieri in serata dal Cda dell’Aifa (Agenzia del farmaco), in applicazione della manovra estiva 2010 (Dl 78 convertito nella legge 122/2010) per riequilibrare i prezzi di questi prodotti a quelli europei e per incentivarne il consumo anche in Italia, è stata accolta con forte preoccupazione dalle imprese.
«Siamo riusciti a portare a casa la manovra, anche con qualche risparmio in più rispetto agli obblighi di legge, cercando di limitare al massimo i danni» commenta il direttore generale Aifa, Guido Rasi. Che, del resto, non nasconde «qualche preoccupazione per la penetrazione dei generici sul mercato».
L’operazione taglia-prezzi, complicatissima, si è articolata in due step. Come Paesi di riferimento sono stati scelti Germania, Regno Unito, Francia e Spagna e s’è fatto un confronto con i prodotti inclusi nelle “liste di trasparenza” italiane che includono tutti i farmaci fuori brevetto. Con una successiva procedura, laddove erano possibili confronti internazionali s’è valutato l’incremento stimato di vendite nel 2011 e dopo un ulteriore raffronto è stata calcolata la percentuale di abbattimento del prezzo del singolo farmaco. Il taglio massimo è stato fissato al 40% dei listini, escludendo i farmaci fino a 2 euro di costo e prevedendo, per far tornare i conti, un taglio dell’8% anche per 1.702 prodotti che in Italia sono già allineati al prezzo medio dei 4 Paesi di riferimento. I tagli sono diversificati: fino al 10% per 2.298 farmaci, dal 10 al 20% per 768 prodotti, dal 20 al 30% per altri 251 e, infine, dal 30 al 40% limano i listini di 703 farmaci.
Allarmatissime le reazioni di tutte le industrie farmaceutiche, che attendono adesso di conoscere i dettagli della manovra. «Sono preoccupatissimo. In sanità tocca sempre alla farmaceutica, dove la spesa in dieci anni è addirittura diminuita, mentre negli altri settori della salute è cresciuta del 60%» afferma Sergio Dompé, presidente di Farmindustria. «Come industria siamo sempre e soltanto chiamati a raschiare il fondo del barile senza guardare agli effetti che queste manovre producono», aggiunge Dompé ricordando il differenziale dei prezzi (-30%) e dei ricavi per il settore in Italia rispetto all’Europa.
Il rischio? Dompé non ha dubbi: «A questo punto diventa ineluttabile spostare altrove le produzioni, perfino di quelle hi-tech. E non per una scelta nostra, ma perché in Italia non ce la facciamo più a competere. Manca assolutamente una strategia industriale. Sembra quasi che ci invitino a spostare altrove le produzioni».
Non meno allarmate le reazioni dei produttori di generici. Giorgio Foresti, presidente di Assogenerici, conferma in pieno il fiato cortissimo delle politiche industriali in materia: «Manca un piano organico di settore, che non viene considerato un’area su cui investire e creare valore». E l’effetto mercato? «La manovra riduce i prezzi di prodotti molto importanti per noi: il problema è che i prezzi contenuti dei generici nel resto d’Europa derivano da un grande sviluppo dei volumi, in Italia però assolutamente inaccessibili. Per alcune aziende italiane, magari le più piccole, ci sarà il rischio di non stare più sul mercato».
Se i produttori di generici saranno colpiti, Foresti riconosce però che i segnali sono preoccupanti anche per le industrie proprietarie degli “originator”. Spiega: «I farmaci generici sono uno strumento per calmierare la spesa perché obbligano gli originator – che detengono i volumi di vendita – ad abbassare i prezzi: con questa manovra li abbasseranno anche loro e tutto resterà come prima». Come dire, la speranza per i generici di agguantare volumi di vendita europei, rischia di restare ancora un miraggio.