Dopo un trend in crescita nei primi anni del 2000, le sperimentazioni cliniche sui farmaci in Italia sono scese da 878 nel 2008 a 752 nel 2009 fino a 660 nel 2010. E se in Europa la media è di un Comitato Etico ogni 500 mila abitanti, l’Italia si assesta su 1 ogni 250 mila. I dati nel 10° Rapporto sulla Sperimentazione Clinica dei medicinali.
E’ un quadro a luci ed ombre quello dipinto dal 10° Rapporto Nazionale sulla Sperimentazione Clinica in Italia su i dati relativi al periodo 1° gennaio 2006 – 31 dicembre 2010 elaborati sulla base dell’attività svolta dall’Osservatorio nazionale sulla Sperimentazione Clinica dei medicinali (OsSC). Se da una parte c’è stato un sostanziale recupero per gli studi clinici di fase I, passati in pochi anni dal 2,4% al 8,0% come rappresentatività sul totale delle sperimentazioni cliniche per anno, così come maggiore è l’attenzione per i medicinali orfani e malattie rare, passati nel quinquennio dal 5,3% al 10% sul totale delle sperimentazioni per anno, tuttavia si assiste a un rallentamento delle sperimentazioni cliniche nel nostro Paese.
Dopo un trend di crescita che ha visto il numero salire da 557 nel 2000 a 878 nel 2008, la tendenza si è invertita e le sperimentazioni sono scese a 752 nel 2009 fino a 660 nel 2010. In pratica, una flessione del 12,2% negli ultimi due anni di riferimento, rilevata soprattutto negli studi monocentrici. Tuttavia, precisa il rapporto, il dato va nello in parallelo con quanto avvenuto in Europa, dove la flessione è stata generale. In questa prospettiva, l’Italia ha contribuito, nel 2010, con i suoi 660 studi clinici, per il 15,7% del totale europeo.
La quota di studi in fase I e II si conferma in aumento rispetto al totale della ricerca clinica in Italia, rappresentando nel 2010 la quota del 45,4%, mentre gli studi di fase III sono arrivati a rappresentare il 42,1% del totale. Nel 2010 la percentuale di sperimentazioni multicentriche è arrivata all’83% e di queste il 75,4% sono di tipo internazionale.
La maggior parte dei farmaci in test è di origine chimica (79,4%), con una costante crescita dei prodotti di natura biologica/biotecnologica (26,4%).
L’area terapeutica maggiormente studiata è quella oncologica (30%), seguita, a forte distanza, da quella radiologica e delle malattie vascolari (9,3%), neurologica (9,1%) e immunologica e malattie infettive (7,8%).
Attenzione anche alla farmacia di genere. Nel quinquennio in esame le sperimentazioni focalizzate sull’universo femminile sono state 314, con oltre il 64% di esse concentrate in area oncologica. La maggior parte degli studi sono andati ad analizzare i parametri di efficacia e sicurezza; 52 hanno interessato le donne in gravidanza, 47 si sono contentati sulle donne in fase di allattamento.
Il rapporto dedica poi un capitolo agli studi osservazionali, e per la precisione a 90 studi inviati alla banca centrale tra marzo e dicembre 2010. In 52 casi si è trattato di studi prospettici (il 57,8%), 36 erano quelli retrospettivi e 11 quelli trasversali. Il 97,8% sono stati eseguiti in strutture sanitarie pubbliche; dei 58 studi il cui promotore coincide con il richiedente, il 36,2% ha come promotore una struttura commerciale mentre il 63,8/% è stato condotto da organismi no profit.
Le aree oggetto di studio sono state, in particolare, la neurologia (20% del totale), l’oncologia (15,6%) e l’ematologia (14,4%).
A luci ed ombre anche il quadro riguardante i Comitati etici. Nel 2010 è proseguito il progetto di aggregazione, con la conseguente diminuzione del numero totale dei Comitati, passato da 269 nel 2008 a 245 nel 2010. Tuttavia ancora troppo elevato e distante dalla media europea. Se nei Paesi confrontabili con il nostro esiste infatti un Comitato ogni 500 mila abitanti, la media italiana si assesta ancora a uno ogni 250 mila abitanti. Lombardia, Lazio, Sicilia e Campania le Regioni con il maggiore numero di Comitati etici.
Eppure, tutta l’attività, rileva il rapporto, è concentrata solo sul 66,1% dei Comitati. Sono solo 162 infatti quelli che tra il 2007 e il 2010 hanno rilasciato almeno un parere unico in qualità di coordinatori. Tra questi, 19 hanno rilasciato in media una valutazione al mese (48 nel quadriennio). Per quanto riguarda l’accettazione/rifiuto del parere unico, nello stesso periodo si sono espressi 241 Comitati etici satellite. Di questi, 116 hanno rilasciato in media una valutazione al mese.
E se i tempi medi nazionali per il rilascio del parere unico è passato da 45 giorni nel 2007 a 21 nel 2010 (ma l’attesa può raggiungere anche i 246 giorni), tuttavia la tendenza per i tempi di accettazione/rifiuto è in crescita: la mediana è passata da 35 giorni di attesa nel 2007 a 40 giorni nel 2010, con punte di 365 giorni.
Quotiodianosanita.it – 11 giugno 2012