«Chi diceva che quando abbiamo quantificato in 700mila tonnellate i prodotti falsamente biologici ci sbagliavamo, ha avuto ragione. Perchè ad oggi quelle tonnellate sono diventate 800mila. E se allora erano come una fila di Tir da Verona a Roma, adesso siamo arrivati a Latina… E la stiamo superando…».
Non poteva fare altrimenti, un «gatto con gli stivali». Se non togliersi qualche sassolino dal calzare, visto che – dopo 2 anni – non solo ha dimostrato di avere ragione, ma quella che sembrava un’indagine destinata ad arenarsi negli onori della cronaca, invece galoppa. Eccome, se galoppa. Tanto da aver interessato mezza Italia, con 10 aziende coinvolte in Veneto, per un totale di 29 in tutto il Paese. Tanto da aver fatto modificare la normativa in materia di certificazione biologica. E di aver sfondato le barriere nazionali, allargandosi in Europa.
Ha, adesso, anche una costola puramente fiscale quell’operazione della guardia di finanza di Verona che dal 2011 sta portando a galla le truffe messe in atto nel settore dei prodotti biologici. «E solo una specialità come la nostra – aggiunge il comandante provinciale delle fiamme gialle Bruno Biagi – può avere questi risultati. Perchè al di là del sequestro, sono le verifiche fiscali che ti permettono di scoprire le frodi». E l’ultima, in ordine di tempo, a finire nelle maglie dell’indagine sul «falso bio» è un’azienda di Casaleone. Una spa specializzata, anche a livello internazionale, nella commercializzazione di prodotti agricoli, alcuni dei quali biologici.
Le indagini fiscali hanno accertato l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti per 9,5 milioni. Una frode all’Iva per 383mila euro e imposte evase per 2,7 milioni. A questo punto è scattato il «sequestro per equivalente». Vale a dire il «congelamento» dei beni che coprono quanto è dovuto allo Stato.
E’ così che l’amministratore è stato denunciato per «dichiarazione fraudolenta con l’uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti» e per «emissione di fatture o altro per documenti inesistenti». A Casaleone e a Cerea sono stati sequestrati due capannoni e un magazzino per un valore di 2 milioni e mezzo e 23 terreni per circa 4 ettari.
Si potrà continuare a lavorare, in quei capannoni e in quei campi. Ma non potranno essere venduti.
Nel dicembre del 2001 l’operazione «Gatto con gli stivali» aveva portato anche a sette arresti. E adesso la Finanza veronese viene invitata ai convegni dei produttori biologici per spiegare cosa è accaduto in questi due anni.
«Abbiamo dato fuoco a una miccia importante», ha commentato Biagi. Una miccia che per ancora molto tempo non ha intenzione di spegnersi. «Quello che non va sottovalutato – spiega il comandante provinciale – è che quelli sequestrati come prodotti falsamente biologici, sono andati a intaccare intere filiere. Basti pensare ai prodotti lavorati o alle carni, i cui animali erano alimentati in realtà con cose che di biologico non avevano nulla, spesso all’insaputa degli allevatori che si fidavano del marchio apposto in maniera fraudolenta». Gabbavano i loro clienti, gabbavano i cittadini, gabbavano lo Stato, le aziende del «gatto con gli stivali». Che continuerà a trotterellare per ancora molto tempo…
Angiola Petronio – Corriere del Veneto – 18 settembre 2013