di Eleonora Viganò. L’etichetta indicava platessa ma in realtà era una passera del pacifico. Nel mondo ittico sostituire una specie con un’altra è una frode abbastanza diffusa motivata dalla volontà di vendere pesce di minor qualità, spacciandolo per pregiato. L’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie nel periodo 2009-2011 ha portato avanti un’indagine (pubblicata sulla rivista Eurofishmarket) per verificare quanti campioni venduti al dettaglio risultano etichettati in modo errato. I risultati sono abbastanza allarmanti visto che su 200 campioni prelevati in modo casuale nei supermercati del Nord Italia, 64 (pari al 32%) appartenevano a una specie differente rispetto a quella dichiarata. La frode maggiore consiste nel sostituire il nome di una specie con quello di un’altra ritenuta di qualità superiore.
Tra i casi evidenziati nelle analisi dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie troviamo polpo messicano diventato polpo comune (vedi tabella). C’è poi il caso dei ?letti di pesce persico africano (più volte sottoposto a divieti commerciali per problemi igienico-sanitari perché proveniente da zone con acque inquinate) venduti come filetti persico nostrano o addirittura come filetti di cernia. Le analisi hanno anche evidenziato la vendita di merluzzo africano come merluzzo atlantico e di pesce falco o ombrina atlantica come dentice. Un altro problema riguarda il cambio di specie necessario per mascherare la vendita di pesci considerati protetti come i delfini o alcuni squali.
I risvolti sanitari della sostituzione di specie sono evidenti nel caso dei “bivalvi esotici” raccolti in aree non controllate per la presenza di biotossine resistenti al calore, come se fossero bivalvi sgusciati precotti allevati in Italia. Altri rischi collegati alla salute si possono registrare quandio si vende pesce serra al posto del branzino: il primo contiene maggiori quantità di istidina (un aminoacido presente nei muscoli che nel pesce poco fresco si trasforma in un amina tossica chiamata istamina). Sempre in tema di sicurezza c’è il problema del pesce pangasio (allevato nei fiumi del Vietnam, per il quale si effettuano sovente controlli sulla presenza di antibiotici) venduto come halibut, un pesce catturato in mare aperto.
L’ultimo caso rilevato dalla ricerca riguarda la vendita di tonno rosso come tonno a pinne gialle che ha una colorazione più chiara rispetto che potrebbe dare origine a fraintendimenti sulla freschezza. Stabilire la specie esatta può aiutare a capire se il colore della carne è effettivamente naturale oppure se è stato trattato con sostanze vietate in Italia come il monossido di carbonio per mantenerlo ravvivato.
La frode per sostituzione permette anche di commercializzare pesce che non rispetta gli standard igienici perché proveniente da Paesi con regole meno restrittive. Alcuni prodotti ittici di provenienza extra UE hanno etichette generiche, che non seguono la normativa europea: uno dei campioni analizzati riportava la sola dicitura “pesce secco”, senza riferimenti alla specie.
Il Fatto alimentare – 10 dicembre 2013