Si svolgerà il 14 luglio prossimo al Miur la riunione del tavolo tecnico per la programmazione definitiva dei posti disponibili per le immatricolazioni ai corsi di laurea a ciclo unico in Medicina e Chirurgia, Odontoiatria, Medicina veterinaria e corsi di laurea delle Professioni sanitarie. La convocazione è partita venerdì scorso, dopo le contestazioni del governatore del Veneto Luca Zaia sugli squilibri a favore degli atenei romani della distribuzione dei posti. In realtà dalle prime indiscrezioni risulta che a subire un probabile ritocco non sarà solo Roma, ma una decina di università sparse in tutta Italia. Con una redistribuzione di circa 500 posti. Quel che è certo è che le categorie hanno preso posizione a favore del mantenimento del totale complessivo già stabilito per il numero dei posti a bando, rivedendo la distribuzione fissata dal decreto del 28 giugno, che a detta delle categorie stesse non ha rispecchiato gli esiti del confronto effettuato con il ministero della Salute e successivamente condiviso con le Regioni.
Il tempo scorre e i bandi degli atenei per i test di ingresso previsti a settembre sono già in ritardo. La scadenza sarebbe quella dei 60 giorni prima delle date previste per i test (5 settembre Medicina e chirurgia e 13 settembre le Professioni sanitarie). Quindi si fa sempre più plausibile l’ipotesi di applicare lo stesso escamotage dello scorso anno, ovvero la pubblicazione a breve dei bandi con la postilla della provvisorietà del numero dei posti. Un rimedio di «emergenza» che salverebbe la tabella di marcia degli studenti.
Intanto la ministra dell’Università e della Ricerca Valeria Fedeli ha chiarito la propria posizione rispetto alle critiche di Zaia: «Quella del presidente Zaia – spiega Fedeli – non è una polemica esplicita con noi, perché le questioni delle professioni sanitarie vengono decise dal Ministero della Sanità e quindi il fabbisogno nazionale, così come abbiamo già definito
in un comunicato chiarissimo. Siccome c’è una suddivisione che attiene anche alle Regioni e la Conferenza Stato Regioni ha chiesto un incontro tra le due ministre, io sono sempre per ascoltare, nella chiarezza, di chi sono le responsabilità e come si arriva alla definizione
di quei posti».
E il Veneto commenta il dietrofront sfoderando l’arma dell’ironia. «Errore di qualche burocrate o blitz sventato? Magari un po’ dell’uno e un po’ dell’altro – sottolinea Zaia – ma ciò che importa è che il Miur sia sceso a più miti consigli. Mi chiedo: Se il Veneto non avesse smascherato l’inghippo, come sarebbe andata a finire? E me lo chiedo pensando anche ai colleghi delle altre Regioni che sono trasecolati leggendo la prima versione del decreto».
Il Presidente del Veneto e il suo Assessore alla Sanità avevano denunciato che la ripartizione definita con il decreto ministeriale del 28 giugno era «pesantemente iniqua, anche perché tagliava circa cinquemila posti pressochè a tutte le Regioni italiane, ricollocandoli nelle Università romane».
«Nel denunciare il fatto – aggiunge il Governatore – eravamo certi della validità della nostra critica. Così facendo, abbiamo salvato da tagli potenti più o meno tutte le Regioni italiane. Ora saremo impietosi nel vigilare che, dalla nuova seduta del Tavolo Tecnico e dal successivo decreto ministeriale che ne scaturirà, le cose vengano fatte per bene. In caso contrario non esiteremo a ricorrere». Per il Veneto, in caso di conferma del testo ministeriale, si sarebbero aperti non pochi problemi, con il rischio di dover chiudere alcuni corsi. Un esempio è quello dei tecnici di radiologia: il fabbisogno del Veneto è di 80 posti, ma ne venivano assegnati solo 51. Non era andata meglio per i tecnici di laboratorio (fabbisogno 50, assegnati 31) e per i tecnici della prevenzione (fabbisogno 30, assegnati 20).
Il Sole 24 Ore sanità – 11 luglio 2017