Chi ha intenzione di visitare i padiglioni dell’Expo di Milano parta da casa con scarpe comode. Prima di arrivare al cuore della manifestazione ci sono centinaia e centinaia di metri da percorrere dalla stazione della metro alla biglietteria, da questa ai controlli stile aeroporto, poi le scale e un lungo cammino sopraelevato. Dopo altre centinaia di metri si arriva al decumano, il lungo boulevard coperto dalle bellissime vele che non riparano i visitatori dalla pioggia.
Il decumano è l’asse principale del quartiere costruito per l’esposizione universale inaugurata il primo maggio. Va percorso soffermandosi tra i padiglioni dei Paesi, come fa una raggiante Marilisa Allegrini, la «regina dell’Amarone». È entusiasta dell’Expo e del grande messaggio lanciato da Matteo Renzi («l’avevo invitato a cena a Villa della Torre solo due anni fa quando era sindaco di Firenze, si capiva subito che avrebbe fatto strada») e da papa Francesco, collegato dal Vaticano per l’inaugurazione di Expo.
Massimo Bottura, lo chef tristellato dell’Osteria Francescana, ambasciatore assieme al vicentino Carlo Cracco, dell’esposizione internazionale, ha preparato un menù dove ha fatto attenzione a non sprecare nulla. Per il dolce ha rivisitato la vecchia merenda di quando era bambino, pane, latte e zucchero, e ha nobilitato anche le briciole di pane. Bottura è arrabbiato con i detrattori e con i «gufi» (copyright Matteo Renzi). Lo chef modenese, invitato dal giornalista Paolo Marchi per «Identità Expo», preferisce parlare di «Expo-scettici». «Dove sono finiti oggi? Si sono tutti nascosti».
Bottura ha organizzato al Refettorio ambrosiano una mostra, «Pane è oro», dove ci sarà anche una creazione dello chef bistellato veronese Giancarlo Perbellini, che il 12 maggio sarà protagonista di uno show cooking a scopo umanitario, promosso da Focsiv, volontari del mondo nell’area Expo di Coldiretti. In quell’occasione, Perbellini (che sarà protagonista a settembre di «Identità Expo») cucinerà nell’area Coldiretti del Padiglione Italia di Expo un «Omaggio al Riso».
I prodotti e le bellezze italiane trovano spazio nel padiglione Italia. All’interno la prima sala del percorso propone venti personaggi, uno per regione, che hanno nobilitato il cibo del proprio territorio. Per il Veneto il curatore ha scelto Lorenzo Cogo, lo chef stellato del ristorante El Coq di Marano Vicentino, la cui voce risuona in sala: «La mia missione è dar voce ai prodotti della terra». Per assaggiare cibi veneti bisogna spostarsi lungo il decumano e risalire ai 20 ristoranti regionali del progetto Eataly. Per il mese di maggio la cucina del nostro territorio è affidata allo chef Marco Dandrea della trattoria Al Pompiere in via Catullo a Verona. «Propongo una pasta e fagioli che forse è la nostra zuppa più conosciuta, il baccalà mantecato o la guancia di manzo brasata all’Amarone».
Ma per bere bisogna tornare verso il padiglione Italia ed entrare al padiglione del vino, affidato all’esperienza di VeronaFiere e del Vinitaly. Lo hanno già visitato, tra gli altri, il presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan e l’ambasciatore Usa John Robert Phillips. «Non ho mai visto tante etichette in un solo luogo», ha detto colpito al termine della visita. Al piano terra riproduzioni di quadri e affreschi dell’arte etrusca e romana, poi una sala che contiene 12 anfore colorate e reperti archeologici di coppe e brocche. Quindi la sala con i profumi e gli aromi del vino e quella con una cascata di un migliaio di calici sospesi dal soffitto. Alle pareti e sul soffitto gli spezzoni di scene di brindisi tratti da film famosi. E la statua originale di Giulietta realizzata nel 1969. Sopra, quando, sarà a regime, saranno disponibili 1.400 etichette della cosiddetta «enoteca del futuro». Il visitatore può con un biglietto di ingresso assaggiare fino a tre etichette e solo due volte per rimanere sotto la soglia prevista dalla legge. Ci si serve riempiendo il calice grazie ai dispenser elettronici che tengono il vino alla temperatura di servizio ideale, facendosi suggerire un percorso dai sommelier presenti oppure seguendo i profilo personale tracciato dalla app Vino. Il ticket costa 10 euro, ne sono state venduti a centinaia i primi due giorni. Spiega il direttore generale di VeronaFiere Giovanni Mantovani: «Il visitatore-consumatore si avvicina alla degustazione dopo un percorso storico e sensoriale all’interno del mondo del vino. Il percorso, con la riproduzione degli affreschi, gli spezzoni dei film e gli aromi continuerà anche dopo a Expo e sarà a disposizione del Vinitaly e di altre occasioni, soprattutto all’estero, in cui faremo conoscere il nostro Salone del vino». L’Expo è appena stato inaugurato è già si pensa al futuro perché, come sottolinea Bottura, «adesso lanciamo il messaggio ma non potremo che portarlo avanti dal primo novembre, il giorno dopo la chiusura di questa grande manifestazione».
Andrea Pasqualetto – 3 maggio 2015