L’amministrazione finanziaria non può negare l’accesso agli atti inerenti la denuncia trasmessa dalle Entrate alla Procura della Repubblica – in base all’articolo 331 del Codice di procedura civile – propedeutica al raddoppio dei termini di accertamento sul periodo d’imposta in cui è stata commessa la presunta evasione fiscale.
A stabilire il principio, il Consiglio di Stato – IV Sezione – con la sentenza n. 4769 dello agosto scorso. La pronuncia trae origine dall’appello proposto contro la sentenza del Tar della Lombardia, a seguito del rigetto del ricorso proposto dalla società contribuente contro il provvedimento dell’Agenzia che aveva negato la possibilità di accedere a tutta una serie di documenti. In particolare, veniva opposto il rifiuto alla richiesta di acquisizione del documento di denuncia di reato presentato dall’Agenzia alla Procura e di un provvedimento interno il cui contenuto era unicamente rivolto a stabilire la strategia difensiva di un contenzioso tributario ancora pendente. A sostegno dell’appello la società ricorrente, oltre a eccepire la violazione delle norme in materia di accesso ai documenti amministrativi, faceva notare come fosse pienamente legittima la richiesta di accesso. Questo perchè l’oggetto della richiesta era l’atto (la denuncia di reato) – presupposto per l’allungamento dei termini di accertamento – e non gli atti nel fascicolo del pubblico ministero. Sulla base della situazione descritta, i giudici, pur rigettando l’appello sull’eccezione sollevata a seguito del diniego di accesso al provvedimento interno, poiché riguardava l’esercizio di difesa dell’amministrazio-ne, hanno condiviso appieno le doglianze della società ricorrente, che contestava l’illegittimità del diniego alla richiesta di accedere al documento con la denuncia di reato trasmessa alla procura. Al riguardo il collegio giudicante sottolinea che non può essere negato l’accesso a documenti che riguardano espressamente l’istante e utili ai fmi di un’eventuale tutela giurisdizionale. A tale regola non si sottrae, in virtù della sua stessa natura, la denuncia presentata da un privato a una pubblica amministrazione. Questo per-chè la denuncia inoltrata alla Procura costituisce, da un lato, il presupposto necessario per l’allungamento dei termini di accertamento e, dall’altro, è l’elemento di cui si avvale l’autorità giudiziaria per verificare la sussistenza degli elementi costitutivi del reato. Oltretutto, i giudici pongono in risalto il fatto che la noti-da criminis non costituendo “atto di indagine” (e, in particolare, la denuncia inoltrata alla Procura della Repubblica, in quanto essa stessa è il presupposto delle indagini) non può essere oggetto, salvo ulteriori ragioni ostative, di segreto istruttorio.
ItaliaOggi – 24 agosto 2011