Agostino Gramigna. Nel gioco degli scacchi si chiamerebbe stallo. In quello del calcio pareggio. Per ora la battaglia del glifosato, l’erbicida più diffuso al mondo, che contrappone sostenitori e oppositori in Europa, è su posizioni simili. I numeri infatti dicono che ai vertici della Ue non c’è una maggioranza qualificata capace di autorizzarne ancora l’uso in agricoltura (va rinegoziata ogni 15 anni e la proroga scade a dicembre) ma nemmeno una in grado di imporre il divieto.
Oggi però la partita potrebbe prendere una direzione precisa. In un senso o nell’altro. Tutto dipenderà dal voto del Parlamento europeo che si esprimerà proprio su questo. Un voto molto atteso in Italia per due motivi: perché è tra i governi che guidano in Europa il fronte del «no» (chiara la presa di posizione dei ministri delle Politiche agricole, Maurizio Martina, e della Salute, Beatrice Lorenzin) e perché sono quarantacinque le associazioni ambientaliste che dal 2015 fanno pressione per dichiarare illegale il pesticida. Di recente hanno lanciato un appello ai parlamentari europei.
Quella del glifosato, il diserbante più usato nel mondo, brevettato nel 1974 dalla multinazionale Monsanto (quasi 5 miliardi di fatturato), è una battaglia la cui posta non è solo economica o politica. In ballo c’è una visione del mondo, un’idea di salute e di produzione alternativa.
La tesi degli oppositori è nota: il glifosato produce gravi danni all’uomo, agli animali e alla terra. Maria Grazia Mammucci, portavoce della coalizione delle 45 associazioni, ricorda che nel 2015 l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro ha classificato l’erbicida come «cancerogeno per gli animali e molto probabilmente per gli umani».
Sul fronte opposto si schierano compatte le multinazionali che lo vendono, Monsanto in testa, e le principali associazioni di categoria degli agricoltori. Fanno leva sui report delle agenzie europee, come Efsa per la sicurezza alimentare e l’Echa per la valutazione dei prodotti chimici, che sostengono non ci sia una certezza scientifica sugli effetti negativi per la salute umana.
In ogni caso è a livello politico europeo che si deciderà la partita. Dove i Paesi membri, per ragioni diverse, sono anch’essi spaccati a metà e schierati su due fronti. Contro, a guidare il blocco anti-glifosato, ci sono Italia, Francia, Austria, Svezia e Lussemburgo. A favore tutti gli ex Paesi del blocco comunista. La Germania è incerta (l’Europa ha stoppato la fusione tra la Monsanto e la tedesca Bayern). Il voto di oggi del Parlamento è quindi importante. Toccherà poi alla Commissione europea porre la parola fine. Sì o no.
Il Corriere della Sera – 24 ottobre 2017