L’Europa è in deflazione; in Italia i prezzi sono stagnanti, ma la disoccupazione raggiunge livelli da record. I senza lavoro – secondo i dati Istat di novembre – hanno raggiunto quota 3 milioni 457 mila, con un tasso che non si vedeva dai trimestri del 1977 (il 13,4 per cento) e che ha raggiunto, fra i più giovani, l’imbarazzante tetto del 43,9 per cento.
Nell’area dell’euro lo scorso dicembre, secondo le stime preliminari di Eurostat, i prezzi sono scesi dello 0,2 per cento rispetto allo stesso mese del 2013 (a novembre era più 0,3). Non succedeva dal 2009, ma la Commissione europea non vuole ancora parlare di deflazione (quel calo generalizzato dei prezzi che si autoalimenta perché si rimandano gli acquisti in attesa di listini ancora più bassi). Preferisce vedere in questa tendenza un «dato temporaneamente negativo» che proseguirà nel breve periodo, ma invertirà la rotta con la ripresa. A determinare la caduta dei prezzi europei è stato il crollo del costo dell’energia (meno 6,3 per cento) e del petrolio particolare. Voce che ha causato anche la variazione zero dell’Italia e il suo tasso medio annuo d’inflazione per il 2014: 0,2 per cento contro l’1,2 del 2013. Un livello così basso non si vedeva dal 1959, cinquantacinque anni fa. «Ora è più probabile che le conseguenze positive della caduta del greggio per i redditi dei Paesi importatori di petrolio, come l’Italia, siano contrastate, se non del tutto annullate, da quelle negative indotte dalla deflazione», commenta Sergio De Nardis di Nomisma. Ferma sui prezzi, l’Italia peggiora ancora i suoi dati sul fronte del lavoro. Fra gli under 25 in cerca di occupazione il 43,9 per cento non lo trova: lo 0,6 per cento in più sul mese precedente, il 2,4 rispetto ad un anno fa. Un esercito di 729 mila ragazzi a spasso. Calano anche gli occupati totali: 22 milioni e 310 mila, ovvero 42 mila in meno rispetto al novembre 2013. Ed è a questo tasso di disoccupazione, arrivato ormai al 13,4 per cento (11,5 nell’Eurozona con una Germania al 6,5 per cento) che dovrà rivolgersi il Jobs Act del governo Renzi. «Vedremo i suoi effetti solo nei prossimi mesi», assicura il ministro del Lavoro Giuliano Poletti. «Sono dati drammatici commenta però Cesare Damiano, sempre del Pd pensare di rendere i licenziamenti più facili è cosa abnorme: ci batteremo per cambiare ulteriormente i decreti sul Jobs Act e cancellare la norma sui licenziamenti collettivi».
Repubblica – 8 gennaio 2015