Da “natural” a “simply”, da naturale a semplice. Il termine naturale è ormai tanto controverso e inflazionato nell’ambito delle informazioni presenti sui prodotti alimentari, e nei loro stessi nomi commerciali, che PepsiCo ha deciso di cambiare strategia.
E’ così che un mix di cereali per la colazione molto popolare negli Usa cambierà presto il proprio nome da “Natural Quaker Granola” a “Simply Quaker Granola”.
I tempi cambiano, i consumatori sono più attenti e le multinazionali si adattano. Al giorno d’oggi si tende a diffidare dei prodotti da supermercato indicati e pubblicizzati come naturali. E’ infatti sufficiente controllare sul retro delle confezioni per accorgersi che l’elenco degli ingredienti il più delle volte non rispecchia le caratteristiche indicate.
Con il passaggio da “natural” a “simply” nulla cambierà nella composizione dei prodotti, ma forse le aziende che di fatto hanno ben poco a che fare con l’alimentazione naturale e la commercializzazione dei relativi prodotti risulteranno più trasparenti. Pepsi eliminerà presto una delle parole chiave che fino a questo momento hanno rappresentato il cuore della strategia di marketing per i propri prodotti.
Quali sono le motivazioni del cambiamento? Secondo Candace Muller-Medina, portavoce di PepsiCo per il marchio Quaker, la ragione è molto semplice e consiste nella necessità diaggiornare di tanto in tanto il packaging e il modo di presentare e pubblicizzare i prodotti.
Motivazioni più profonde risiedono probabilmente nel reale significato del termine naturale, che per anni è risultato utile alle aziende per offrire una definizione piuttosto vaga dei propri prodotti, sfruttando il fatto che i consumatori spesso identificano l’aggettivo “naturale” con “salutare”. Non è detto però che tutto ciò che è naturale sia davvero salutare. Ecco dunque che il significato diventa controverso per le aziende e giunge allora il momento di andare alla ricerca di una nuova strategia.
Pare che le aziende Usa abbiano fiutato un possibile pericolo, a seguito di alcuni processi avvenuti negli ultimi anni. Si tratta di azioni legali che hanno portato a contestare in tribunale l’impiego del termine naturale per quei prodotti per i quali tale definizione veniva considerata inadatta dai consumatori. Ad esempio, l’aggettivo “naturale” non dovrebbe essere utilizzato per i prodotti che contengono Ogm.
Una decisione nel nome della trasparenza o una nuova mossa per trarre in inganno i consumatori? Si tratta probabilmente di una semplice strategia economica per incrementare il fatturato. Indicare i prodotti come naturali non contribuisce più ad apportare maggiori guadagni all’azienda. Rinominare alcuni prodotti potrebbe invece rappresentare una novità ed attirare i consumatori verso il loro acquisto, oltre che trasformasti in un modo per proteggersi da eventuali cause legali legate al significato piuttosto vago dell’aggettivo in questione. D’altra parte, gli sforzi dell’azienda per rendere davvero più naturali i propri prodotti sarebbero ben pochi.
Per quanto riguarda la situazione italiana, è bene ricordare che “naturale” non è sinonimo di “biologico”. Come spiega Adiconsum, la garanzia che ci troviamo davanti ad un prodotto proveniente da agricoltura biologica è data dall’etichettatura. I termini riferiti al metodo di produzione biologico – nonché derivati o abbreviazioni quali “bio”, “eco”, ecc. – non possono essere utilizzati nell’etichettatura, nella pubblicità e nei documenti commerciali di prodotti che non soddisfano le prescrizioni del regolamento Ce n. 834/2007, relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici.
Infine, il logo europeo del biologico può essere presente soltanto sui prodotti che contengono almeno il 95% di materie prime e ingredienti provenienti da agricoltura biologica e se la sua produzione rispetta i requisiti previsti dalla normativa europea in tema di prodotti biologici (regolamenti Ce 834/2007 e 1235/2008).
Greenbiz – 17 febbraio 2014