Un’etichetta con l’indicazione dell’origine della materia prima. Da oggi è obbligatoria, in Italia (in Europa lo è solo in Francia), per i prodotti lattiero-caseari, dal latte uht al burro, dallo yogurt alla mozzarella, dai formaggi ai latticini. L’obbligo si applica al latte vaccino, ovicaprino, bufalino e di altra origine animale: sono esclusi i prodotti Dop e Igp che hanno già disciplinari relativi anche all’origine e il latte fresco già tracciato. Per tutti gli altri prodotti l’origine del latte deve essere indicata in etichetta in modo chiaro, visibile e facilmente leggibile. In particolare deve essere evidenziato il Paese di mungitura e quello di trasformazione. Nel caso in cui il latte sia stato munto e trasformato nello stesso Paese, si può utilizzare una sola dicitura, ad esempio “origine del latte: Italia”.
Il provvedimento sull’etichetta di origine obbligatoria prevede la possibilità, per un periodo non superiore a 180 giorni, di smaltire le scorte con il sistema di etichettatura precedente anche per tenere conto della stagionatura. A oggi, però, secondo quanto emerge da un monitoraggio a campione della Coldiretti, due confezioni di latte a lunga conservazione su tre sono già in regola (la situazione è invece più variegata per yogurt e formaggi).
«Con l’etichettatura di origine — spiega il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo — si dice finalmente basta all’inganno del falso made in Italy con tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro venduti in Italia che sono stranieri, così come la metà delle mozzarelle sono fatte con latte o addirittura cagliate provenienti dall’estero». «È un traguardo storico per il nostro Paese — sottolinea il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina — che ci consente di creare un nuovo rapporto tra produttori e consumatori».
«Le aspettative del mondo agricolo — spiega al proposito Gianpiero Calzolari, presidente di Granarolo — sono che si consumi più latte italiano. Ciò potrebbe avere effetti sui prezzi: quelli alla produzione sono crollati nel 2015-2016 e risaliti, ma non ai livelli precedenti, tra fine 2016 e inizio 2017». E per i consumatori cosa cambierà? «Fino a ieri — conclude Calzolari — si poteva dire mozzarella made in Italy anche con latte ungherese, purché venisse fatta, appunto, in Italia. Adesso si dovrà dire mozzarella made in Italy fatta con latte ungherese: c’è più trasparenza. Sperando che nessuno trovi una soluzione furbesca: più spazio sulla confezione al made in Italy, magari con una grande bandiera tricolore, e meno all’origine». L’etichetta, ovviamente, non eliminerà le importazioni. Ma sapere che il latte è stato munto nel giro di pochi chilometri può essere un elemento di valore. Attualmente il Paese da cui l’Italia importa più prodotti lattiero-caseari è la Germania (37,1% del totale import, in valore), seguita da Francia (18,6%), Austria e Belgio (7%).
Michelangelo Borrillo – Il Corriere della Sera – 19 aprile 2017