Per i dirigenti del Ssn l’età per il collocamento a riposo è il compimento del sessantacinquesimo anno di età oppure, su richiesta dell’interessato, al maturare del quarantesimo anno di servizio effettivo. In ogni caso il limite massimo di permanenza non può superare il settantesimo anno di età e la permanenza in servizio non può dar luogo a un aumento del numero di dirigenti. Quanto al reintegro l’azienda potrà valutare di reclutare professionalità diverse di quella del richiedente e con la riammissione in ruolo l’interessato non ha il diritto all’attribuzione del medesimo incarico ricoperto in precedenza né alla medesima retribuzione e non potrebbe in ogni caso ricoprire l’incarico di struttura complessa. Questa in estrema sintesi la risposta (vedi di seguito) del sottosegretario alla Salute Adelfio Elio Cardinale (nella foto) a Domenico Di Virgilio, vicepresidente del gruppo Pdl alla Camera.
Di Virgilio, relatore del Ddl governo clinico, ha rivolto un’interrogazione chiedendo quali iniziative il governo intende adottare per armonizzare e chiarire in via definitiva “la disciplina in materia di età pensionabile del personale dirigente sanitario al fine di evitare sperequazioni all’interno della dirigenza medica e del ruolo sanitario e di non incorrere in un vasto contenzioso”.
Cardinale ha risposto che la legge n. 1834/2010 introduce nuove disposizioni in materia di età pensionabile dei dirigenti medici e del ruolo sanitario del Ssn prevedendo che Il limite massimo di età per il collocamento a riposo è il compimento del sessantacinquesimo anno di età, oppure su richiesta dell’interessato, al maturare del quarantesimo anno di servizio effettivo e in “ogni caso il limite massimo di permanenza non può superare il settantesimo anno di età e la permanenza in servizio non può dar luogo ad un aumento del numero dei dirigenti”.
Dopo questa premessa Cardinale ha aggiunto come “attesa la limitatezza delle risorse finanziarie a disposizione, in casi particolari, l’azienda potrebbe ritenere prioritario e più urgente, con determinazione adeguatamente motivata, reclutare professionalità differenti rispetto a quella in possesso del richiedente” e per quanto concerne gli effetti del reintegro “con la riammissione in ruolo si ricostituisce il rapporto di lavoro ma, non c’è diritto in capo all’interessato all’attribuzione del medesimo incarico ricoperto in precedenza, che nel frattempo, peraltro, può essere assegnato ad altro dirigente, né alla medesima retribuzione”.
Aggiungendo che “con la riammissione in ruolo, condizionata alla valutazione dell’azienda in ordine alle professionalità necessarie, il richiedente non potrebbe, comunque, ricoprire l’incarico di struttura complessa”.
Il sottosegretario ha quindi concluso ricordando che “vista la particolare complessità della materia nel corso dell’anno 2011 si sono tenute delle riunioni tecniche tra il Dipartimento della funzione pubblica, i rappresentanti del Ministero dell’economia e delle finanze, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e di questo Ministero, e i rappresentanti Aran e delle regioni, al fine di uniformare sul territorio nazionale i criteri di applicazione della norma richiamata”.
13 maggio 2012 – riproduzione riservata