Una ricerca, appena pubblicata dalla rivista «Molecular e cellular probes», propone un sistema innovativo ed economico per monitorare la presenza di Escherichia coli verocitotossico (Vtec) batterio diffusissimo negli allevamenti, oltre che nell’organismo umano. Il sistema è stato messo a punto da una cordata italiana che ha visto come protagonisti il Parco tecnologico padano di Lodi, due istituti del Consiglio nazionale delle ricerche (Biologia e biotecnologia agraria, Ibba, e l’Istituto per le Tecnologie biomediche, Itb, e l’Istituto superiore di sanità).
L’iniziativa si è collocata all’interno del progetto «Sicurezza agroalimentare: protocolli diagnostici e innovazione tecnologica per il benessere e la prevenzione delle malattie. Safe-eat» promosso dall’Inran, l’Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione, e finanziato dal Miur all’interno del fondo per gli investimenti della ricerca di base (Firb).
Vtec: un identikit
Il progetto nasce per rispondere efficacemente al bisogno di controllare un particolare sottogruppo di Escherichia coli, un batterio che risiede naturalmente nel tratto gastro-intestinale umano e di molti animali. Questo batterio è generalmente innocuo, o al più è in grado di generare qualche mal di pancia. Ne esistono però alcune varianti con caratteristiche patogeniche. In particolare si segnalano per la loro pericolosità i gruppi Vtec (verocitotossici) cui se ne affiancano anche altri con diverse capacità patogeniche e modalità di attacco dell’organismo. A caratterizzare i Vtec è la capacità di produrre potenti tossine dette verocitotossine (Vt) o shigatossine (St), in grado di inibire la sintesi proteica nelle cellule intestinali con cui il batterio entra in contatto. Nonostante siano numerosi i sierotipi Vtec finora isolati, solo un ristretto numero di essi è associabile a casi umani di malattia, il più famoso di questi è lo O157:H7 in quanto associato a gravi patologie nell’uomo. L’infezione da Vtec causa non solo forme di diarrea ma anche, in alcuni casi, patologie estremamente gravi come la sindrome emolitico-uremico (Seu) che colpisce soprattutto bambini e anziani e può rivelarsi letale. In Italia, l’incidenza della Seu è di circa un caso ogni 300mila abitanti tra 0 e 14 anni. Dal 2005, riporta l’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie, si è costituito il Registro italiano della Seu pediatrica che tra il 2005 e il 2008 ha registrato 158 casi, 96 chiaramente imputabili a infezione da Vtec. Le regioni più soggette al problema sono il Veneto, la Lombardia, la Campania e il Piemonte.
Origine dell’infezione
I principali vettori per i Vtec sono i ruminanti, in particolare i bovini. Gli animali infetti ospitano il microrganismo nel proprio tratto gastrointestinale senza peraltro manifestare alcuna sintomatologia. Il passaggio dall’animale all’uomo avviene in genere attraverso il consumo di alimenti contaminati e non sottoposti a un efficace trattamento termico come hamburger poco cotti, latte crudo non pastorizzato o prodotti derivati. Recentemente sono stati rilevati però anche casi derivati anche dal consumo di vegetali come lattuga, spinaci o germogli. A livello internazionale si segnalano anche casi derivati dal consumo di acqua contaminata.
Identificare un Vtec
L’isolamento dei Vtec è difficile, in quanto sono presenti in quantità molto bassa nelle feci degli animali, così come nei prodotti alimentari contaminati. I metodi classici prevedono la coltivazione del batterio in laboratorio attraverso processi molto complessi e costosi che cercano di identificare il diversi sierogruppi. Attualmente esistono in commercio kit per l’isolamento e caratterizzazione non solo di E. coli O157, ma anche per gli altri principali sierogruppi Vtec: O26, O111, O103, O145. Tuttavia il loro riconoscimento è molto più complesso che per lo O157. Negli ultimi anni si è quindi cercato di sviluppare nuovi strumenti che ne semplificassero l’identificazione e caratterizzazione. Tra queste hanno rapidamente guadagnato popolarità le tecniche biomolecolari basate sul Dna che consentono di ricercare nel campione la presenza di geni specifici per la produzione delle tossine Vt, o altri geni collegati alla virulenza del patogeno, come ad esempio il gene eae, codificante per l’intimina che consente l’adesione del batterio alle cellule intestinali.
Il progetto
«Mancava però un sistema che consentisse di svolgere le analisi molecolari per tutti i principali sierotipi in modo simultaneo, veloce e con costi contenuti – spiega Bianca Castiglioni, ricercatrice del Cnr-Ibba – Abbiamo pensato quindi di sviluppare un nuovo strumento basato sulla tecnologia microarray Ldr-Ua che permette di incollare delle sequenze di Dna su di un vetrino da microscopio e su di esso svolgere analisi genetiche. Questo sistema inoltre consente di avere una visione sanitaria d’insieme dell’animale e dell’assetto genetico dell’agente infettivo». I ricercatori hanno dunque selezionato 12 geni di Escherichia coli collegati alla produzione di tossine Vt o alla sua virulenza e su di essi hanno identificato 40 sequenze di Dna collegabili ai diversi sierotipi. «Il nostro sistema – aggiunge Andrea Lauri, ricercatore del Parco tecnologico padano – ha dimostrato di poter identificare con precisione e facilità tutti i sierotipi più diffusi. Inoltre, il costo tecnico per questa analisi, che verifica simultaneamente la presenza dei diversi ceppi patogeni, è nell’ordine di pochi euro, cosa che la rende particolarmente vantaggiosa rispetto alle tecniche classiche, se vogliamo sapere con precisione quale sia il Vtec agente di infezione». Questa tecnologia dovrebbe via via sostituire l’approccio attuale, consentendo una più facile e meno onerosa gestione delle analisi nelle stalle e negli allevamenti, per monitorare e tenere sotto controllo un patogeno che, seppur non eccessivamente diffuso, può arrecare gravi danni anche alla salute umana.
L’INIZIATIVA IN SINTESI
Progetto Definizione di metodiche «microarray» per l’identificazione di agenti di zoonosi a trasmissione alimentare negli animali e negli alimenti Finanziatore Ministero dell’Università e della ricerca Partner Parco tecnologico padano, Consiglio nazionale delle ricerche, Istituto di biologia e biotecnologia agraria, Istituto per le tecnologie biomediche, Istituto superiore della sanità Risultati Messa a punto di un vetrino a Dna capace di identificare i principali ceppi patogeni di Escherichia coli verocitotossico
fonte: Agrisole – 11/03/2011