Un altro animale ucciso dai bocconi avvelenati: «Non voglio fare nessun esame e non andrò a fare denuncia, non serve a niente». Domenico Bolla ha visto morire così addirittura sette cani in sette anni e punta il dito contro altri cacciatori
Monteforte. Con Febo fanno sette: tanti sono i cani da caccia che Domenico Bolla, cacciatore che abita in via Alpone, s’è visto ammazzare dai bocconi al veleno in poco meno di sette anni. L’ultimo, Febo, un segugio di otto anni, «me l’hanno fatto fuori sabato, buttando i bocconi proprio attorno alla macchina mentre ero in giro per l’allenamento in vista dell’apertura della stagione, insieme a mio fratello e ai cani». Domenica via libera alle doppiette e, com’è prassi, fino ad una settimana prima spazio alle uscite coi cani per prepararli. «Con mio fratello abbiamo deciso di fare un giro in Val dell’Acqua. Avevo con me Febo e Telo, anche lui un segugio, di 6 anni. Abbiamo fatto la nostra passeggiata», racconta Bolla, «e quando siamo tornati alla macchina ho visto che i cani masticavano qualcosa ma non ci ho dato peso; quindici minuti dopo, il tempo di arrivare a casa, ho capito». Febo viene preso da violentissime convulsioni, guaisce, butta schiuma dalla bocca: muore in pochi minuti finchè il padrone è al telefono con il veterinario. Anche Telo presenta, ma in maniera più lieve, gli stessi sintomi: «Se il cane è ancora con me», racconta l’uomo, «è perchè è più giovane, più forte e probabilmente la dose di veleno, probabilmente stricnina, era più leggera. Costringendolo a bere acqua e sale sono riuscito a farlo vomitare, ecco perchè s’è salvato». Di informazioni sul tipo di veleno che impregnavano le esche non ne sa nulla e non ne vuole sapere: «Non voglio fare nessun esame, non andrò nemmeno a fare denuncia. Io sono stufo, non serve a niente», aggiunge, «e lo dico perchè, sfortunatamente, ho una certa esperienza. Sette anni fa, nello stesso posto e nello stesso modo, uccisero due dei miei cani, l’anno scorso hanno fatto fuori un cucciolo di sei mesi nella mia campagna al Polesan, tre anni fa sul Monte Zoppega è toccato al mio cocker. Dopo i bocconi buttati nella mia corte», aggiunge, «per difendermi sono stato costretto a recintare tutta la proprietà e a dotarmi di telecamere. Non è possibile». Lui le idee dice di averle chiarissime: non ha dubbi nel puntare il dito contro altri cacciatori. «Ce l’hanno con me e i cani sono le vittime delle faide tra cacciatori. E’ così che alcuni delinquenti pensano di garantirsi un uso quasi esclusivo delle aree di caccia, facendo piazza pulita dei concorrenti. I bocconi al nostro arrivo non c’erano ma ci sono stati messi perchè i cani li trovassero al nostro rientro». Ne è certo perchè gli è già capitato, «e due anni fa è toccata anche a mio fratello, situazione uguale identica e due cani ammazzati così. Questa è una guerra», rimarca Bolla, «e se lo dico al giornale è solo perchè non voglio che nessuno passi quello che ho passato io. Il cane per un cacciatore è un partner esclusivo, un amico e compagno: sabato con noi c’era anche mio nipote di 12 anni, che stravede per i cani e le uscite col nonno. L’unica cosa di cui sono contento è che all’atroce morte di Febo, per fortuna, non ha assisito». Isolare e stanare chi delinque è un invito che vorrebbe lanciare ai colleghi cacciatori, ma la rabbia e la disillusione alla fine gli chiudono la bocca.
L’Arena – 12 settembre 2012