In quasi tutte le strutture è presente un referente per la sicurezza in farmacia e sono state avviate azioni preventive per la prevenzione degli errori in terapia. Restano però alcune criticità, le prescrizioni sono ancora poco tracciabili, con poche specifiche e troppo spesso solo verbali.
Cresce negli ospedali italiani l’attenzione alla “Prevenzione della morte, coma o grave danno derivati da errori in terapia farmacologica”. È quanto emerge dall’indagine condotta nel 2011 dal ministero della Salute, con la Società Italiana di Farmacia Ospedaliera e dei Servizi Farmaceutici delle Aziende sanitarie (Sifo), per valutare il grado di implementazione della Raccomandazione n.7, quella dedicata, appunto, agli errori in terapia farmacologica.
Dall’indagine, a cui hanno partecipato 59 centri distribuiti in 15 Regioni, con il coinvolgimento di 269 reparti, emerge infatti, tra le altre cose, che 57 centri sono dotati di una funzione aziendale predisposta alla sicurezza dei pazienti; 53 centri hanno adottato misure preventive contro gli errori in terapia farmacologica (linee guida, raccomandazioni, procedure, protocolli aziendali); 50 centri hanno avviato progetti sulla prevenzione degli errori in corso di terapia farmacologica.
In quasi la totalità dei centri coinvolti (55 su 59) e in 46 centri, inoltre, sono stati effettuati eventi formativi specifici sul Protocollo redatto dal ministero della Salute sul monitoraggio degli eventi sentinella. Il numero di eventi formativi effettuati è stato in media di 5 per centro, ed hanno visto la partecipazione di diverse figure professionali (farmacisti, infermieri, medici) coinvolte a vario titolo nella gestione, e quindi nella tutela della sicurezza dei pazienti.
Non mancano, tuttavia, le criticità: nella metà (30 su 59) dei centri analizzati il livello di divulgazione e conoscenza del Raccomandazione n. 7 è considerato scarso o insufficiente e la principale motivazione è stata la difficoltà di coinvolgimento per la tematica trattata, seguita dalla scarsa diffusione da parte degli operatori sanitari e dalle difficoltà organizzative; in 20 centri non è stata avviata alcuna attività di monitoraggio circa l’implementazione della Raccomandazione n. 7 per mancanza sia di disposizioni aziendali che di risorse; in 43 centri vi sono problemi sull’implementazione della Raccomandazione n. 7 riferibili principalmente a mancanza di risorse (20 centri), scarso coinvolgimento degli operatori sanitari (19 centri), mancanza di formazione/addestramento (14 centri).
Tra le note positive, anche se da diffondere maggiormente, dall’indagine emerge che in 42 centri è presente un referente per la sicurezza in farmacia e che in 23 centri questo ruolo è formalizzato nell’organigramma. Il farmacista, inoltre, fa parte di gruppi di lavoro sulla sicurezza dei pazienti in 45 centri.
Tra le note dolenti, invece, il fatto che nei capitolati di acquisto dei farmaci, i criteri di sicurezza vengono presi in considerazione: sempre in 16 farmacie (27,1%); talvolta in 29 (49,2%) e mai in 14 (23,7%). In 12 farmacie non vengono effettuati i controlli di competenza all’atto dell’aggiudicazione dei prodotti. Al momento della ricezione, 4 farmacie hanno risposto di non eseguire i controlli perché l’acquisto e la ricezione dei prodotti è centralizzato. Al riguardo è comunque specificato che il controllo viene effettuato da personale abilitato nel magazzino esterno alla farmacia.
Dall’analisi dei dati relativi alle procedure di immagazzinamento, conservazione e gestione scorte, emerge inoltre che in 8 farmacie (13,5%) non risulta effettuata la evidenziazione/ separazione di farmaci con confezione o nome simile e in 24 farmacie (40,7%) manca una lista dei farmaci più soggetti ad essere scambiati, così come in 18 farmacie (30,5%) manca la lista dei farmaci “ad alto livello di attenzione).
L’attenzione risulta decisamente maggiore quando si tratta della dispensazione delle soluzioni concentrate di elettroliti: 58 farmacie su 59 hanno procedure per la dispensazione controllata.
Inoltre, circa il 60% delle farmacie (35 su 59) ha dichiarato che è stata predisposta una Tabella per l’identificazione dei farmaci aventi lo stesso principio attivo ma nomi commerciali diversi e che per la maggior parte dei casi (31 su 35) è la stessa farmacia che ha provveduto a predisporre tale Tabella.
Relativamente alla prescrizione dei farmaci, emerge che la prescrizione informatizzata è presente in 31 strutture (52,5%); anche se in 31 con limiti relativamente alla sicurezza quali ad esempio:
– la non tracciabilità, in 25 sistemi su 31, delle prescrizioni verbali urgenti telefoniche;
– la mancanza, in 16 su 31, di segnali di allarme/pericolo.
In quasi tutte le strutture (51 su 59, pari all’86,4%) esiste una procedura condivisa a livello aziendale per la conservazione, preparazione, distribuzione e somministrazione dei farmaci.
Nel 57,6% dei casi (34 su 59) è presente una lista aziendale di abbreviazioni, termini, simboli, che possono essere utilizzati per la prescrizione dei farmaci.
La preparazione della terapia infusionale è centralizzata in farmacia nel 62,7% delle strutture (37 su 59). Nelle 22 strutture nelle quali la preparazione della terapia infusionale non è centralizzata, solo in una realtà il farmacista è sempre coinvolto come supervisore dell’allestimento delle terapie presso le unità operative, in 13 realtà è coinvolto occasionalmente come consulente mentre in 8 strutture non è coinvolto affatto. Inoltre, in 43 ospedali (72,9%) il farmacista non verifica con auditing in reparto le procedure di allestimento.
Un importante dato emerso è che i sistemi di distribuzione avanzata dei farmaci sono poco diffusi. Infatti, ben 50 centri hanno dichiarato di non esserne in possesso e 9 di averli in dotazione ma solo in alcuni reparti (in 5 casi si tratta di armadi di reparto, in 2 casi di dose unitaria, in un caso di armadio di reparto unito a dose unitaria e carrello intelligente e in un altro caso di sistemi automatizzati di picking uniti ad armadi di reparto).
La dispensazione delle terapie domiciliari al momento della dimissione ospedaliera è in quasi tutte le strutture (54 su 59) accompagnata con informazioni sui farmaci e sulla modalità di somministrazione assunzione. Nella maggior parte dei casi (32 su 54), però, l’informazione è fornita solo verbalmente. Solo in 7 casi avviene per iscritto e in 15 casi sia per iscritto che verbalmente.
Per il prelevamento di farmaci urgenti, durante l’orario di chiusura della farmacia, in 25 strutture si segue una procedura concordata con la Direzione Sanitaria; in 23 il ritiro dei farmaci avviene attraverso il farmacista reperibile e in 11 realtà non esiste una procedura codificata.
Nel 95% dei reparti (257 su 269) la terapia “al bisogno” viene registrata in cartella clinica. Tale registrazione è accompagnata in poco più della metà dei casi (55,6%; in 143 reparti su 257) dalla specifica della posologia, che in 71 reparti su 143 riguarda sia la dose massima giornaliera che l’intervallo di somministrazione. In 114 reparti la registrazione della terapia al bisogno viene effettuata in modo generico, senza specifiche.
In 200 reparti risulta che vengono riportate abbreviazioni e simboli sulla scheda unica di terapia o sul quaderno di terapia. Nella maggior parte dei casi tali abbreviazioni sono conformi alla lista aziendale (122) e/o concordati in reparto (89) e in 24 casi lasciati alla libera iniziativa, in assenza di disposizioni specifiche.
E ancora. Alla domanda se in reparto sono presenti flaconi multi dose aperti o ricostituiti, 205 reparti hanno risposto in modo affermativo. Ma 7 reparti su 205 (3,4%) non riportano la data di apertura/ricostituzione sull’etichetta dei flaconi aperti/ricostituiti e 41 la riportano solo su alcuni flaconi.
Inoltre 95 reparti su 205 (46,3%) non scrivono la data di scadenza dopo ricostituzione sull’etichetta, mentre 32 reparti la riportano solo su alcuni flaconi. Il dato è mancante per 2 reparti.
Nel momento della somministrazione dei farmaci, l’identità del paziente viene accertata o mediante verifica verbale o con il braccialetto identificativo. In 71 reparti l’identificazione dei pazienti prevede l’utilizzo di entrambe le modalità.
In circa il 20% dei reparti (53 su 269), accade che, se al momento della terapia il paziente è assente/fuori stanza, il farmaco viene lasciato sul comodino.
quotidianosanita.it – 20 settembre 2012