Dopo l’indagine realizzata dall’Associazione dei chirurghi ospedalieri italiani, il past president dell’Acoi sottolinea la necessità che in caso di “errore” medico ci sia unanimità nel credere che debba essere sempre e comunque comunicato, anche nei casi privi di conseguenze per il paziente. Ma l’errore umano deve essere ben differenziato dalla complicanza.
“Gli obiettivi per una rinnovata alleanza terapeutica non saranno mai raggiunti se non sarà ben differenziato l’errore umano, e in gran parte dei casi prevenibile, dalla complicanza presente, inevitabile e, in percentuali ben definite, prevista”. È questo il commento di Rodolfo Vincenti, past-president dell’Associazione dei chirurghi ospedalieri italiani (Acoi) ai risultati dell’indagine realizzata tra i soci Acoi sulla comunicazione dell’errore.
“I risultati dell’ampio sondaggio che Acoi ha realizzato sulla comunicazione tra chirurgo e cittadino – ha dichiarato Vincenti – meritano qualche riflessione. Innanzi tutto il sondaggio deve essere inserito nelle iniziative di Acoi che sottolineano l’importanza che i chirurghi ospedalieri attribuiscono alla conoscenza della realtà, nelle sue manifestazioni, per poi intraprendere iniziative nazionali finalizzate a indirizzare verso i giusti comportamenti”.
Per Vincenti i chirurghi vorrebbero che in caso di errore medico “ci fosse unanimità nel credere che debba essere sempre e comunque comunicato, anche nei casi privi di conseguenze per il paziente”. “Crediamo – ha spiegato – che il comunicatore debba essere sempre il medico che ha avuto in cura il malato, al quale ha certamente proposto una corretta informazione e quindi ottenuto il consenso informato al trattamento. Siamo certi, però, che tali obiettivi per una rinnovata alleanza terapeutica non saranno mai raggiunti se non sarà ben differenziato l’errore (umano e in gran parte dei casi prevenibile) dalla complicanza (presente, inevitabile e, in percentuali ben definite, prevista)”.
Per Vincenti occorre però tutelare il professionista che ha l’onestà, ma anche il coraggio, di ammettere il proprio errore. “Sappiamo bene che errare è umano, che si impara dagli errori – ha concluso – e che in un ottica di riduzione del rischio clinico tali concetti sono la base per implementare la sicurezza in un campo, quale quello della chirurgia, dove la tecnica perfetta, la tecnologia più moderna agiscono su soggetti che, in quanto esseri umani, hanno il dono della unicità. Ogni intervento chirurgico ha una sua storia, esso è per definizione biologica irripetibile”.
Quotidianosanita.it -1 giugno 2011