Intervenendo al convegno di Milano per i 40 anni della rivista “Prospettive sociali e sanitarie”, il presidente delle Regioni Vasco Errani chiede nuove politiche per il welfare ma nel segno della condivisione.
E poi serve una vera riforma per il federalismo fiscale, perché quello di cui è parlato da anni è morto.
Ridisegnare il welfare in modo condiviso, redistribuire i 62 miliardi di euro impiegati per le politiche socio-assistenziali dal livello centrale direttamente sul territorio, e lavorare ad un vero federalismo fiscale, perché quello di cui si è parlato in questi anni è morto, mettendo tra i punti principali il Mezzogiorno. E’ questa la direzione in cui bisogna lavorare secondo il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, che al convegno “Disegniamo il welfare di domani”, organizzato a Milano per i 40 anni della rivista ‘Prospettive sociali e sanitarie’, ha fatto una lunga analisi della situazione italiana.
“E’ in momenti di crisi così acuti che – dice Errani – vanno fatte le riforme. E proprio adesso bisogna iniziare a costruire i riferimenti per intraprendere una battaglia culturale nel Paese, e sconfiggere l’idea neoliberista che vede nel sistema sociale un lusso”. Il welfare, secondo Errani, non è semplicemente solo spesa, ma è economia, valore e lavoro e l’idea secondo cui ognuno fa per sé “è fallimentare, tranne che per quel 5% della popolazione che capta il 48% della ricchezza sociale”. Se si vuole parlare di servizi alla persona, bisogna uscire da una logica di puro mercato. Ecco dunque che la strada da intraprendere deve intanto basarsi su un nuovo federalismo fiscale, “perché quello che conosciamo è morto – commenta Errani – Nessuno può parlarne in modo credibile. Le ultime tre manovre hanno sottratto qualsiasi possibilità di federalizzare. Per realizzare un federalismo fiscale vero serve intanto una classe dirigente seria, che abbia la consapevolezza di quello di cui si sta parlando, e poi occuparsi realmente del Mezzogiorno, dove alcuni diritti fondamentali, come i livelli essenziali di assistenza, non sono rispettati. Bisogna investire in questa parte di territorio per i lea e i lep (livelli essenziali di prestazione), perché le risorse non sono state date”. Se non si cambia radicalmente, l’Italia non ce la farà. La ‘ricetta’ indicata da Errani include una seria riforma fiscale, la patrimoniale, e la redistribuzione delle risorse verso i grandi segmenti che tengono la comunità e producono valore culturale-economico e sociale, dove l’allocazione dei servizi viene decisa secondo criteri condivisi in un luogo partecipativo.
Infine uno sguardo ai prossimi mesi, e in particolare alla legge delega sull’assistenza, cui bisogna fare molta attenzione, perché il rischio è che produca “effetti devastanti. Se non si fa la riforma – conclude Errani – scatterà una tagliola di 20 miliardi di euro e vincerà l’idea di un welfare residuale, da riconoscere solo a chi si trova in situazioni di estremo bisogno. Bisogna lottare e dire no, altrimenti si rischia che venga tutto deciso dall’alto, con un decreto madre e vari Dpcm, senza che si passi dal Parlamento”.
Quotidianosanita.it – 30 settembre 2011