Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, è intervenuta nel pomeriggio di ieri nell’Aula di Montecitorio per rispondere ad alcune interrogazioni. Roberto Capelli (Pi-Cd), ha presentato un’interrogazione concernente le iniziative per l’istituzione di punti di ispezione frontaliera in Sardegna, relativi alle merci e ai prodotti importati, anche in rapporto al piano straordinario per l’eradicazione della peste suina africana approvato dalla Commissione europea.
Il testo della risposta del ministro Lorenzin
“In via preliminare ricordo che, con riferimento alla malattia vescicolare del suino, l’Italia, fino all’anno 1995, ha messo in atto un piano di sorveglianza e di eradicazione di questa malattia su tutto il territorio nazionale, ivi compresa la regione Sardegna – ha spiegato Lorenzin -. L’applicazione delle misure contenute in tale piano ha permesso di ottenere l’accreditamento di tutto il territorio nazionale, con la sola eccezione della Campania e della Calabria. Quanto alla peste suina africana, la normativa comunitaria prevede l’adozione di misure cautelative di salvaguardia, finalizzate a prevenire la diffusione della malattia su tutto il territorio europeo. Il territorio europeo, in conseguenza di focolai di peste suina africana confermati in altri Stati membri quali Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia, è stato differenziato sulla base del livello di rischio. La Sardegna è inserita nella parte IV dell’allegato della decisione europea del 2014: ciò indica l’endemicità della malattia su tutto il territorio regionale e non solo su di una parte di esso alla stregua degli Stati membri interessati all’epidemia. Ecco perché la richiesta di poter commercializzare al di fuori dell’isola prodotti suini trattati termicamente deve tener conto dei dati epidemiologici e delle azioni intraprese dalla regione Sardegna per una valutazione del rischio della situazione sanitaria, requisito indispensabile per la concessione del regime derogatorio”.
“Le attività di eradicazione straordinaria della peste suina africana, approvate il 30 gennaio 2015 e trasposte in un provvedimento regionale, hanno preso avvio, ma occorre, con la supervisione dei competenti uffici della Commissione UE, vagliarne i primi effetti concreti. Ecco perché, in assenza di dati oggettivi che dimostrino gli obiettivi raggiunti nell’attività di eradicazione, con particolare riferimento alla lotta agli allevamenti illegali, appare difficile sostenere, da un punto di vista strettamente sanitario, la sussistenza delle garanzie contenute negli accordi di cui sopra. Con riferimento all’istituzione di posti di ispezione frontaliera, PIF, nella regione Sardegna, ricordo che i controlli sanitari sulle merci importate da Paesi extra UE sono espletati nell’Unione europea da una rete di uffici localizzati presso i confini portuali ed aeroportuali europei. In Italia, operano 23 di questi uffici che effettuano i controlli sanitari su animali vivi e i loro prodotti per conto di tutta l’Unione europea. Una merce quindi può essere controllata presso un PIF europeo ed essere destinata a qualsiasi Stato membro. Pertanto – ha concluso il ministro – seppure attualmente non sia stato abilitato dalla Commissione europea un PIF in Sardegna, le merci in provenienza da Paesi terzi destinate al territorio della regione vengono comunque sottoposte a tutti i controlli. Evidenzio, peraltro, che è in corso la procedura comunitaria per l’abilitazione di un Posto di ispezione frontaliera in Sardegna per l’espletamento dei previsti controlli sanitari dei prodotti di origine animale, che potranno essere destinati, quindi, non solo al territorio della Sardegna, ma all’intero mercato dell’Unione europea. Quindi, appena sarà finita la procedura, anche in Sardegna vi potrà essere un PIF”.
12 marzo 2015