Due indagini in parallelo, una a Torino e l’altra a Pordenone, e l’intervento dell’ Ispettorato per il controllo della qualità e repressione delle frodi, in capo al ministero delle Politiche agricole, sugli organismi di certificazione dei salumi e dei prosciutti Dop e Igp.
Tanto basta per far suonare il campanello d’allarme su una delle più pregiate filiere dell’agroalimentare italiano. Ma andiamo per ordine. Le indagini svolte nei mesi scorsi, innescate dalle denunce dello stesso Ispettorato e dall’attività dei Carabinieri dei Nas, in particolare a Pordenone, hanno preso le mosse, circa un anno fa, da irregolarità e sospetti – spiegano fondi dell’Ispettorato controllo qualità – emersi nell’ambito dei normali controlli di routine svolti lungo la filiera dei Prosciutti di Parma e San Daniele.
Gli allevatori sono risultati l’anello debole della filiera, governata da severi disciplinari: circa 140 quelli coinvolti da indagini e sequestri disposti dalla procura di Torino, decine anche sul fronte friulano. Frode in commercio, contraffazione di prodotti a denominazione protetta e in alcuni casi anche l’associazione a delinquere sono i reati ipotizzati. Al centro dell’inchiesta di Torino, coordinata dal procuratore aggiunto Vincenzo Pacileo, una società torinese e una emiliana responsabili della vendita agli allevatori di mezza Italia, dalla provincia di Cuneo fino al Veneto e all’Emilia Romagna, di seme destinato alla fecondazione di animali femmine non coerente con quanto previsto dai disciplinari, in particolare il materiale genetico venduto apparteneva nella stragrande maggioranza dei casi alla razza Duroc danese. Nessun problema di sicurezza per i consumatori, dunque, ma una pratica diffusa per aggirare i dettami della filiera Dop e Igt con l’utilizzo di genetica non consentita, per ottenere animali più robusti e capaci di crescere più in fretta.
Bocche cucite al ministero riguardo qualsiasi valutazione su eventuali falle nei piani di controllo e nel sistema di certificazione messi in luce dalle indagini. Anzi, come già avvenuto in passato in casi analoghi (dal Brunello di Montalcino alla Mozzarella di Bufala), la linea è quella di difendere il sistema dei controlli sui prodotti di qualità «perché – è il commento che trapela dagli uffici del ministero di via XX settembre – l’individuazione di irregolarità è la prova che le verifiche funzionano e non certo il contrario».
Quanto alla operatività degli organismi di certificazione Ipq e Ifcq, «va sottolineato – spiega il direttore dell’Ispettorato controllo qualità, Oreste Gerini – che il provvedimento che tecnicamente si chiama ‘di sospensione’, in realtà non sospende l’attività degli istituti ma implica a un rafforzamento delle azioni di vigilanza, in particolare sulle filiere coinvolte. Nulla cambia per gli altri prodotti Dop e Igp che pure sono certificati dai medesimi istituti». Qualora si profilasse all’orizzonte un’ipotesi di revoca degli incarichi agli organismi di certificazione, aggiunge il direttore generale del ministero delle Politiche agricole responsabile per la qualità dei prodotti agroalimentari, Luigi Polizzi, «lavoriamo a stretto contatto con l’Ispettorato per eventualmente intervenire tempestivamente per individuare organismi alternativi che possano garantire la continuità nel processo di certificazione, evitando ricadute su produttori e consumatori».
Il Sole 24 Ore – 27 aprile 2018