Andrea Zanoni, consigliere regionale del Partito Democratico, tramite una nota, ha manifestato preoccupazione per i nuovi focolai di aviaria presenti in Veneto: “Con la riduzione del numero dei veterinari nelle Ulss e con misure spuntate e poco efficaci per la prevenzione sarà sempre più difficile contrastare in maniera efficace l’epidemia. A fine agosto ne sono stati rilevati due ad alta patogenicità, del sierotipo H5 a Cologna Veneta e Angiari, in provincia di Verona; negli ultimi giorni ne è stato scoperto un terzo a Sant’Urbano, in provincia di Padova. È però solo la punta dell’iceberg perché, secondo i dati dell’Istituto zooprofilattico sperimentale, siamo già a quota 17 focolai da inizio anno, con una spesa di oltre due milioni e seicentomila euro per l’indennizzo dei danni diretti.“
“Il Veneto è leader italiano nella produzione di polli e tacchini, – rammenta l’esponente dem – ma se questa situazione si protrae c’è il rischio concreto di mettere in ginocchio l’intero settore. È proprio di ieri la notizia che l’Autorità sulla sicurezza alimentare di Hong Kong (Cfs) ha annunciato il blocco dell’import di pollame e uova dalla provincia di Padova, dopo una notifica della World Organization for Animal Health sull’ennesimo focolaio“.
“Non siamo però di fronte a un’emergenza improvvisa – puntualizza Zanoni che oggi, sulla questione, ha presentato un’Interrogazione a risposta scritta contenente sei quesiti – o a eventi calamitosi straordinari; servirebbero perciò idonee misure di prevenzione che diventino ‘standard’. E ciò si può fare attraverso una revisione della gestione tecnico-sanitaria del fenomeno e potenziando il numero dei veterinari in servizio nelle strutture del servizio sanitario regionale. Il Sivemp (Sindacato italiano veterinari di medicina pubblica) da tempo denuncia la carenza di personale, con un calo di 47 unità negli ultimi cinque anni. Eppure il lavoro non manca, tra aviaria, blue tongue, West Nile e altri virus; la Regione dovrebbe intervenire con urgenza, assumendo nuovi medici“.
Zanoni punta l’indice anche sui possibili rischi legati all’attività venatoria: “Il contatto, la detenzione, il trasporto e la macellazione della fauna selvatica abbattuta infetta può favorire la propagazione del virus. Per questo occorre adottare misure precauzionali di carattere igienico-sanitario nelle operazioni di caccia, ma pare che nessuno ne voglia parlare. Inoltre andrebbero riviste le norme negli allevamenti intensivi in relazione al benessere degli animali. Spendiamo milioni di fondi pubblici per l’aviaria, chiedendo sacrifici a tutti i contribuenti, poi però non si chiede un minimo sacrificio ai cacciatori di uccelli potenzialmente infetti“.
“A fine agosto – ricorda in chiusura il Consigliere Zanoni – il ministero della Salute ha dato disposizioni per prorogare e integrare le misure di riduzione del rischio e per sensibilizzare i proprietari affinché attuino o rafforzino i provvedimenti di biosicurezza all’interno delle loro aziende, prevedendo restrizioni sull’uso dei richiami vivi nella caccia. A che punto siamo in Veneto? Anche la Regione dovrebbe fare la propria parte in maniera più attiva, rivedendo le procedure di autorizzazione per l’apertura e la gestione di allevamenti avicoli, aumentando le prescrizioni di sicurezza e prevenzione e sul benessere degli animali, invece di concedere deroghe sulle distanze minime previste per legge come accaduto recentemente“.
20 settembre 2017