Salumi e formaggi studiano le contromosse per arginare i danni dell’embargo deciso dalla Russia. Assica stima le perdite in 55 milioni di euro: 19 milioni per i prodotti della salumeria, 36 milioni per le carni fresche suinicole, le frattaglie e i grassi. «La Russia – spiega il direttore, Davide Calderone – è un mercato molto promettente.
Nel 2013 l’export di salumi in Russia è aumentato sia in valore sia in quantità più del 50% rispetto al 2012». Al momento, però, tutti i carichi sono respinti alle frontiere. Per questo l’associazione ha già chiesto al ministro delle Politiche agricole di sollecitare a Bruxelles aiuti per l’ammasso privato delle carni suine. «Una misura – sottolinea Calderone – che darebbe ossigeno alle aziende di macellazione». Gli imprenditori incrociano le dita: già oggi Bruxelles potrebbe decidere di stanziare dei fondi per lo stoccaggio privato di latte in polvere e burro.
Anche Assocarni è preoccupata per l’escalation della controversia. «Lesanzioni – spiega il vicepresidente, Luigi Scordamaglia che è anche l’amministratore delegato di Inalca del gruppo Cremonini con avviatissimi impianti a Mosca – sono spesso inutili, manei confronti della Russia sono addirittura controproducenti. L’Unione europea dimentica costantemente che siamo noi ad aver bisogno della Russia e non la Russia di noi». Per Scordamaglia, dunque, bisogna tornare al dialogo approfittando anche della presidenza di turno italiana della Ue. «L’azione del nostro governo – sottolinea – è particolarmente apprezzata da Mosca per cui mi auguro si possano correggere politiche e approcci spesso sbagliati che in passato Bruxelles ha tenuto sulle questioni commerciali».
Anche le imprese casearie sono in allarme. Il Consorzio del Grana Padano stima «danni gravissimi». «Negli ultimi dieci anni – dice il direttore, Stefano Berni – abbiamo investito in Russia oltre 2 milioni di euro per la promozione e, partendo da zero, siamo riusciti ad arrivare a esportare, nel 2013, 34 mila forme. Ora si rischia di vedere vanificato tutto il nostro lavoro». Stessa sorte potrebbe toccare al Parmigiano Reggiano che nel 2013 ha venduto in Russia 10.800 forme (+16% rispetto all’anno precedente) per 5,8 milioni di euro di fatturato.
Il Sole 24 Ore – 28 agosto 2014