Il Parlamento europeo prova a riaprire per la seconda volta dal voto dei governi di novembre la battaglia per l’Ema. Ieri la commissione Affari costituzionali di Strasburgo ha approvato un testo che accusa le altre istituzioni Ue, Commissione e Consiglio (l’organismo che raccoglie i governi, appunto), di non aver coinvolto Strasburgo nella procedura decisionale che il 22 novembre scorso ha portato alla vittoria di Amsterdam su Milano. E proprio percorrendo questa strada l’Assemblea potrebbe provare a far saltare il trasferimento dell’Agenzia per il farmaco in Olanda.
Dunque c’è un nuovo filone sul quale i deputati italiani sono pronti a scommettere, dopo che lo scorso giovedì il sopralluogo ad Amsterdam della commissione Ambiente di Strasburgo non aveva fornito le risposte sperate. Inizialmente Pd e Forza Italia avevano provato a convincere i colleghi stranieri a votare contro Amsterdam battendo su ritardi e aumento dei costi del trasloco da Londra ( causa Brexit). Tuttavia gli olandesi durante l’ispezione della scorsa settimana sono riusciti a parare il colpo, dimostrando che non ci saranno ritardi significativi. Con questo capitolo apparentemente chiuso, ora se ne apre un altro: quello delle competenze del Parlamento europeo.
Ieri la commissione Affari costituzionali ha bocciato l’emendamento di Mercedes Bresso (Pd) che cancellava di netto l’indicazione di Amsterdam come nuova sede Ema. A votare contro sono stati Partito popolare europeo ( la famiglia politica di Forza Italia) e liberali con un risultato finale di 14 a 7. Un voto che ha portato Bresso a parlare di «assoluta irrilevanza di Berlusconi nel Ppe». Tuttavia la commissione Affari costituzionali ha approvato un altro emendamento (18 a 3) meno pirotecnico ma forse più importante: certifica il ruolo di co-decisione del Parlamento. Dunque Strasburgo sarebbe dovuta essere pienamente coinvolta nella decisione sul trasloco dell’Ema, anche nella stesura delle regole del gioco. «La procedura – spiega Bresso – è stata opaca, senza informazioni al Parlamento Ue, gestita da 27 governi e sfociata in un’estrazione a sorte di cui non c’è nemmeno il verbale».
La prossima mossa, a sorpresa, potrebbe partire proprio da questa considerazione. La procedura normale prevede che il parere della commissione Affari costituzionali confluisca nelle carte di quella Ambiente, titolare del dossier Ema, e che quest’ultima il 12 marzo voti i vari emendamenti da portare poi in plenaria. Ma con un colpo di scena il Parlamento nelle prossime ore potrebbe sganciare il dossier dall’iter classico impugnandolo direttamente in uno scontro istituzionale con Commissione e governi simile a quello che Strasburgo ha aperto ( e vinto) con la Bce sui crediti deteriorati delle banche. Così come allora aveva affermato che sul tema non era competente la Bce, ma il legislatore, ovvero il Parlamento stesso, in modo simile Strasburgo potrebbe aprire uno scontro con le altre istituzioni Ue sostenendo che la procedura che ha portato alla scelta di Amsterdam ha violato le prerogative dell’Assemblea e per questo va rifatta da zero. A quel punto tutte le città candidate rientrerebbero in gioco.
Repubblica – 27 febbraio 2018