È questo un momento particolare della campagna, dove il prevalere alle urne del Centro Destra è temuto a sinistra più per i possibili danni al “recovery fund” che per un ipotetico intento di privatizzare pezzi di sanità. Silvio Berlusconi leader di Forza Italia in una pillola sui social smentisce di fatto tale intento, scagliandosi contro le liste di attesa per una visita o per un intervento “troppo lunghe e inaccettabili” e contro le “differenze fra una regione e l’altra, tali da costringere molti malati a lunghi viaggi per trovare cure immediate e migliori”. Berlusconi chiede che “i livelli necessari di assistenza siano garantiti in tutto il nostro Paese, in collaborazione con le regioni ma se necessario intervenendo anche con commissari o strumenti sostitutivi, laddove i problemi non vengano risolti in fretta. Inoltre, lamenta la “scarsa valorizzazione dei medici e del personale sanitario, sottoposto a pesanti sacrifici”, ce ne vogliono di più. Matteo Salvini segretario della Lega punta da parte sua a che il prossimo ministro della Salute sia un medico conoscitore dei temi sanitari; per lui, Speranza sui vaccini ha dato messaggi “ambigui”. «Ho fatto due dosi e poi mi sono preso il Covid. Ora conto che i tempi del Green pass, degli allontanamenti dal lavoro e dalla scuola siano un ricordo dei mesi passati». E Speranza? Candidato in quota Articolo Uno, alleati del Pd, paventa il disimpegno di un ipotetico governo di Centro-Destra dal servizio sanitario pubblico. «Siamo davanti ad un referendum. Con questa legge elettorale -spiega Speranza- il 37% dei seggi è assegnato per via uninominale e solo due coalizioni possono vincere, la destra o la nostra coalizione progressista. A destra c’è l’idea che anche sulla sanità può decidere il mercato, per noi deve prevalere il diritto alla salute».
Speranza indica anche due vie per il futuro del Ssn: La prima, decisiva, è valorizzare il personale e il qui ministro ricorda che in urgenza e pronto soccorso è stato proprio lui a volere un’indennità di specificità per una spesa di 90 milioni a livello nazionale. La seconda via è superare il modello di programmazione della spesa per tetti. «Il più insopportabile è il tetto sul personale. Lo abbiamo alzato gli ultimi anni, e le spese che faremo per l’assistenza territoriale saranno fuori da questo tetto, ma la mia opinione è che vada totalmente superato». Anche Enrico Letta segretario Pd dalla Festa dell’Unità di Reggio Emilia chiede di togliere il tetto al personale Ssn. «Dal 2004, quando c’era Tremonti ministro, c’è stato il meno 1% ogni anno. La spesa straordinaria fatta durante la pandemia deve diventare la regola». Infine, Raffaele Donini assessore Salute Pd in Emilia-Romagna e coordinatore commissione Salute in conferenza delle Regioni esorta: “Chi si candida al Governo non disattenda il giuramento fatto nei giorni drammatici della pandemia ossia ‘Mai più tagli in sanità’. Se le Regioni hanno speso sempre bene i soldi che lo Stato ha riservato loro per la tutela della salute dei cittadini (dato che dovrebbe esser stato verificato dai Ministeri), è ovvio che, per far fronte alle spese di emergenza Covid non ancora coperte e per quelle derivanti dalla crisi energetica servono altre risorse da distribuire in proporzione alle spese sostenute e non sulla base della popolazione residente».