Un flusso destinato a trasformarsi nel 2024 in poco più di un “rivolo” visto che, con l’innalzamento di un anno della soglia anagrafica per accedere a questo tipo di trattamento anticipato previsto dal governo con l’attuale manovra, la platea si dovrebbe ridurre ad appena 2.200 donne. A fotografare l’andamento dei pensionamenti nel periodo gennaio-settembre di quest’anno è l’ultimo monitoraggio dell’Osservatorio Inps, dal quale emerge che in media l’età minima di decorrenza degli assegni anticipati delle principali “gestioni” dell’Istituto è comunque leggermente scesa a 61,54 anni (era 61,6 nello stesso arco temporale dello scorso anno).
Complessivamente, le pensioni erogate dall’ente con decorrenza “gennaio-settembre 2023” sono state 579.121, per un importo medio di 1.207 euro, mentre nell’intero 2022 erano state 861.471 (importo medio di 1.177 euro). Quasi la metà degli assegni anticipati liquidati nei primi nove mesi di quest’anno sono riconducibili al Fondo lavoratori dipendenti dell’Inps (81.524), altri 45.166 alla gestione dei dipendenti pubblici, 21.929 a quella degli artigiani, 16.229 alla gestione dei commercianti e 6.962 a quella dei coltivatori diretti e mezzadri.
Un ricorso, quello all’uscita anticipata che con le misure restrittive varate dal governo Meloni per il 2024, è destinato a ridursi ulteriormente in modo significativo. I tecnici dell’esecutivo hanno stimato che i nuovi pensionamenti con Quota 103 “penalizzata”, Ape sociale e Opzione donna non saranno più di 31.700: in particolare, solo 17mila arriveranno dal canale che consentirà l’accesso alla pensione con 62 anni d’età e 41 anni di versamenti ma con il ricalcolo contributivo dell’assegno accompagnato da un “tetto” all’importo del trattamento e da finestre mobili “dilatate”.
Proprio sugli effetti della nuova Quota 103 la Cgil ha elaborato alcune simulazioni che evidenziano come con il ricalcolo contributivo il taglio possa raggiungere il 17,2% della pensione, e un mancato guadagno calcolato sull’attesa di vita possa arrivare a 111.231 euro per un lavoratore con una retribuzione lorda da 50mila euro e a 51mila euro per una retribuzione da 25mila euro. Sempre la Cgil punta l’indice su Opzione sottolineando che «viene totalmente azzerata» e aggiunge che «anche l’Ape sociale viene peggiorata». All’attacco vanno anche la Uil. La stessa Cisl si dice pronta alla piazza insieme a Cgil e Uil.
L’altro fronte caldo resta quello del taglio dei rendimenti della fetta retributiva della pensione di una parte degli ”statali” (dipendenti degli enti locali, «sanitari» e maestri). I sindacati dei medici hanno già annunciato lo sciopero. Ma, come anticipato da Il Sole 24 Ore nei giorni scorsi, nella maggioranza e nello stesso governo si sta facendo largo l’idea di correggere al Senato questo intervento nonostante il freno agli emendamenti concordato dal centrodestra.