Il ministro Patroni Griffi: «Decisioni già prese dal precedente governo» Possibile un cambiamento nel testo finale. Per il pubblico impiego è una vera doccia fredda. Anzi, gelata. In cinque anni, cioè sommando il blocco dei contratti e lo stop all’indennità di vacanza contrattuale partito nel 2010 e destinato ormai a incorporare anche il 2014, i dipendenti pubblici perderanno circa 6.000 euro. Il calcolo lo ha fatto la Funzione pubblica Cgil, valutando un punto di inflazione circa 20 euro al mese in media, quindi 240 euro all’anno per cinque anni. E siccome i punti d’inflazione persi sono stati circa 10 ma il meccanismo agganciato all’indice statistico Ipca consente di recuperarne solo la metà, ecco che la retribuzione reale si è accorciata e di parecchio. Leggi anche “Quei sacrifici senza fine del pubblico impiego”
E questo spiega l’alzata di scudi di tutti i sindacati che rappresentano i dipendenti della pubblica amministrazione.
Gli effetti della legge di stabilità sulle buste-paga dei dipendenti pubblici
Con il blocco dei contratti e lo stop all’indennità di vacanza contrattuale, confermati con la legge di stabilità, ogni dipendente pubblico perderà nel complesso, tra il 2010 e il 2014, oltre 6mila euro. Il calcolo è stato eseguito dalla Fp-Cgil. Secondo il sindacato, inoltre, alla fine del 2014, a causa del blocco del recupero dell’inflazione, si perderanno 240 euro al mese di potere d’acquisto.
«Negli anni la perdita cumulata in termini di calo del potere d’acquisto delle retribuzioni – spiega il numero uno della Fp-Cgil, Rossana Dettori – è in media superiore ai 6mila euro per i lavoratori dei ministeri e superiore agli 8mila per i lavoratori degli enti pubblici non economici».
In pratica i dipendenti pubblici hanno contratti scaduti a fine 2009 (l’indennità di vacanza contrattuale è stata erogata solo per il 2010). La legge di stabilità non solo conferma il blocco delle retribuzioni fino a fine 2014 previsto dal precedente governo, ma anche lo stop all’indennità di vacanza contrattuale (il 50% del tasso di inflazione Ipca) per il 2013-14 e il mancato recupero per quello maturato nel 2011 e nel 2012.
«Alla fine del 2014 – avverte ancora Dettori – mancheranno all’appello almeno 10 punti di potere d’acquisto. In pratica si perderanno alla fine del periodo circa 240 euro lordi in busta paga».
Dettori sottolinea che il congelamento delle retribuzioni con il mancato recupero dell’inflazione pesa anche sulle pensioni future dei dipendenti pubblici, che vengono calcolate sulla base del montante contributivo ma anche sul Tfr. “Quello che il governo dà in termini di riduzione dell’Irpef – avverte – è meno di quello che si toglie ai dipendenti pubblici in termini di potere d’acquisto. Il vantaggio è prevalentemente per i lavoratori autonomi che godranno della riduzione dell’aliquota poiché dichiarano nella maggior parte dei casi redditi bassi”.
Cosa è successo nella notte tra martedì e mercoledì?
A Palazzo Chigi è entrato un testo molto chiaro. Stabilisce che «non si dà luogo, senza possibilità di recupero, alle procedure contrattuali comunque ricadenti nel periodo 2013-2014 del personale dipendente delle pubbliche amministrazioni». In pratica, blocco dei contratti e blocco dell’indennità di vacanza contrattuale non solo fino al 2013, come era già stato stabilito ma estesi a tutto il 2014. Proseguiva poi dicendo che il periodo contrattuale si sarebbe riaperto nel 2015 e l’indennità contrattuale sarebbe stata corrisposta nel triennio 2015-17. Come calcolarla? Secondo il metodo precedente all’accordo sul modello contrattuale e quindi in base all’inflazione programmata.
La reazione è stata immediata. Fare digerire un’altra stretta a chi si era già visto imporre il blocco degli stipendi degli anni precedenti, i tagli alle piante organiche di dirigenti e personale ordinario, una riforma delle pensioni tra le più impegnative d’Europa, era molto complicato. Anche se il primo blocco, scattato nel 2010 e poi prolungato a tutto il 2013 con il decreto 98/2011 ricade sulla responsabilità politica del governo Berlusconi. I sindacati sono saltati sulla sedia quando hanno capito in quale direzione il governo Monti stava procedendo. E lo hanno detto. Adesso, non è escluso che il blocco di contratti e vacanza contrattuale esca della legge di stabilità. Ma il risultato per i dipendenti pubblici non cambia. Perché il governo potrebbe modificare la norma contenuta nel disegno di legge e agire, però, con un regolamento. Come prevede, del resto, il decreto 98/2011 che lasciava aperta la porta ad un prolungamento del blocco anche nel 2014, purché attuato con un apposito decreto del ministro (allora, era Renato Brunetta).
«Il governo non ha operato alcun taglio dell’indennità di vacanza contrattuale — ha detto non a caso il ministro Filippo Patroni Griffi — già bloccata dal precedente governo. Per ripristinarla sarebbe stato necessario un nuovo intervento. Certe dichiarazioni di esponenti sindacali dovrebbero tenere conto della reali disponibilità delle casse dello Stato».
Legge stabilità, continua la stretta sugli statali. E il premio al merita diventa utopia
A prima vista sembra un intervento soft ma non lo è. Con la legge di stabilità 2013 arriva la conferma del blocco del rinnovo dei contratti, un blocco partito nel 2011 con il decreto 78/2010, cui si aggiunge la cancellazione della vacanza contrattuale insieme con la proroga, sempre a tutto il 2014, dei tagli del 5 e 10% delle quote di stipendio superiori a 90 e 150mila euro (misura quest’ultima su cui pendono ricorsi alla Corte costituzionale).
La stretta sugli statali, insomma, continua. E mentre per il settore privato si va profilando una possibile intesa sulla produttività sostenuta dalla detassazione selettiva sui premi (cosa mai vista nel pubblico impiego) al ministero della Funzione pubblica e della Semplificazione si compulsano i dati delle amministrazioni sugli organici da tagliare.
Per chi avesse ancora qualche dubbio che il piano resterà inclinato per anni, se si lavora in un’amministrazione centrale o periferica, basta ricordare l’ultima novità che si aggiunge con questo giro di budget: il dimezzamento della retribuzione nei giorni di permesso per l’assistenza a parenti disabili che non siano coniugi o figli riconosciuto con la legge 104/1992.
L’indirizzo è chiaro: si deve continuare a ridurre il più possibile un aggregato di spesa che viaggia attorno ai 170 miliardi l’anno (quasi l’11% del Pil) e che entro il 2015 dovrebbe scendere a 165-166 miliardi (9,9% del Pil).
E si deve ridurre pure il personale, che tra il 2008 e il 2014 è destinato a ridursi di circa 300mila unità (-8%) per il semplice blocco parziale del turn-over. Con tutte le conseguenze del caso per chi, magari giovane e motivato, aveva scelto proprio in questi anni di partecipare a un concorso e vincerlo per lavorare nel pubblico, dove le carriere sono bloccate, il premio al merito resta un’utopia e gli sprechi (purtroppo) restano ancora troppi.
Il Sole 24 Ore, Ansa e Messaggero – 11 ottobre 2012