Mesi di scontro tra comunità scientifica, governi e servizi segreti: alla fine le ragioni della ricerca (su tutte lo studio degli antidoti) hanno prevalso sul timore di fornire una possibile arma di sterminio al terrorismo. Così Nature pubblica il “ritratto” del microorganismo che unisce la mortalità dell’aviaria e la facilità di trasmissione della suina. L’identikit del supervirus dell’influenza non è più un segreto. Nature ha reso pubblici i metodi con cui, in un laboratorio ad altissima sicurezza dell’università del Wisconsin, gli scienziati hanno ottenuto un microrganismo che unisce la letalità dell’aviaria (un tasso di decessi del 60%: superiore alla Spagnola del primo dopoguerra) e la rapidità di contagio della suina (l’influenza che nel 2009 fu elevata al rango di pandemia).
La pubblicazione arriva dopo 5 mesi di consultazioni fra scienziati, governi e servizi segreti, chiamati a soppesare il rischio che la “ricetta” del supervirus finisse nelle mani di un gruppo terroristico o di uno stato canaglia. A dicembre del 2011 gli esperti americani del National Science Advisory Board for Biosecurity (Nsabb) avevano chiesto in fretta e furia lo stop della pubblicazione sia alla rivista inglese Nature che a quella americana Science (che a sua volta nelle prossime settimane divulgherà un esperimento parallelo a quello americano, condotto all’Erasmus Medical Center di Rotterdam).
La decisione all’epoca fece gridare alla censura. I ricercatori responsabili dei due esperimenti (Yoshihiro Kawaoka dell’università del Wisconsin e Ron Fouchier di Rotterdam) furono convocati dal Nsabb, dove ribadirono che il microrganismo era custodito all’interno di laboratori dotati di misure di sicurezza eccezionali. E che lo scopo della ricerca era meritorio: studiare i punti deboli del supervirus per poterlo sconfiggere con un vaccino.
L’aspetto più sconcertante dei due esperimenti è che la distanza fra un normale virus dell’aviaria o della suina e il supervirus ottenuto dagli scienziati è molto più breve del previsto: quattro mutazioni del genoma realizzate nell’esperimento del Wisconsin e cinque in quello di Rotterdam. La paura ora è che quello che nei due laboratori è stato ottenuto con relativa facilità, possa prima o poi accadere spontaneamente anche in natura.
Spesso infatti negli animali (suini e uccelli in primis) due specie diverse di virus si incontrano e si scambiano materiale genetico, causando la nascita di nuovi ceppi. L’allarme è già suonato in passato per alcuni maiali ammalatisi di aviaria e di suina contemporaneamente. E proprio in questi giorni l’influenza contratta dagli uccelli ha rialzato la testa nel Sud-Est asiatico e in Medio Oriente, provocando la vittima numero 355 dallo scoppio dell’epidemia nel 2003.
Spinti dall’urgenza di mettere a punto un vaccino e tranquillizzati dai rapporti dei servizi segreti sulla scarsa competenza scientifica dei terroristi attivi oggi nel mondo, il 20 aprile il governo americano e il Nsabb hanno rivisto le loro posizioni, seguiti 7 giorni più tardi dall’esecutivo olandese sotto la cui autorità ricade l’Erasmus. Sia l’esperimento di Rotterdam che quello dell’università del Wisconsin hanno ottenuto il via libera alla pubblicazione. Dopo Nature con Kawaoka, anche Science metterà presto lo studio di Fouchier sulle sue pagine.
L’articolo di Kawaoka consiste in 11 pagine (più 20 di informazioni supplementari) estremamente tecniche, corredate da un editoriale intitolato “La pubblicazione della ricerca pericolosa” in cui si ricostruiscono gli ultimi mesi di discussioni e ripensamenti, iniziati da agosto del 2011, data in cui i due team di scienziati hanno sottoposto alle riviste i loro articoli. Ma è soprattutto un documento sulla valutazione di rischi e benefici della pubblicazione a rispondere ai dubbi sulla sicurezza. Le informazioni diffuse oggi, vi si legge “possono essere sfruttate da un laboratorio con competenze eccezionali per sviluppare un ceppo pandemico del virus”. Ma d’altro canto, “rappresentano un punto di partenza fondamentale per realizzare un vaccino nel caso in cui il virus compaia spontaneamente in natura”.
Usando le tecniche dell’ingegneria genetica e facendo replicare il supervirus per varie generazioni nei furetti, Kawaoka e Fouchier hanno ottenuto un microrganismo letale quasi come l’aviaria, ma capace di non trasmettersi più solamente con il contatto diretto tra un uccello infetto e un mammifero, come avviene oggi in natura. Il supervirus dei furetti (stretti parenti dell’uomo, dal punto di vista dell’azione dell’influenza) è stato capace di saltare direttamente da un esemplare all’altro attraverso le goccioline di saliva. Proprio come un banale raffreddore.
Repubblica – 3 maggio 2012