Per azzerare il debito corrente, e chiudere i conti in attivo di 12 milioni e mezzo, i manager delle Usl hanno raschiato il fondo del barile.
Ma prolungare il blocco di spese e investimenti equivarrebbe a compromettere gli standard di qualità: ecco allora un piano di 500 milioni per ricapitalizzare le aziende sanitarie.
Il coniglio dal cilindro l’ha estratto lo “zar” della sanità di Palazzo Balbi, Domenico Mantoan, a conclusione di una riunione con i direttori generali dedicata all’analisi patrimoniale e finanziaria delle Usl. La Regione ha introdotto nuovi indicatori e parametri-obiettivo che consentono di “fotografare” l’andamento delle aziende nel triennio 2007-2009 attraverso l’esame delle voci cruciali: valore e costi della produzione; spesa per il personale; ammortamenti, svalutazioni e accantonamenti; esiti della gestione finanziaria; utile prima delle imposte. Nulla di rivoluzionario, per carità; nelle aziende private tutto ciò è prassi abituale, ma nella sanità pubblica (avvezza a una certa “allegria” gestionale) la svolta è rilevante. Apprendiamo così che gli investimenti sono cresciuti sensibilmente – dai 3,754 miliardi del 2007 ai 4,460 del 2009 – ma è soprattutto dai parametri più specifici (ritorni dal capitale investito, rigidità degli impieghi, tasso di obsolescenza tecnica) che emerge il profilo di una sanità complessivamente sana e vitale ma bisognosa di continue risorse per salvaguardare – e magari accrescere – i traguardi raggiunti. Mantoan è ricorso a una metafora zootecnica per illustrare la situazione: «I buoi erano scappati, li abbiamo riportati nella stalla. Ora dovremo evitare che scappino di nuovo». Ovvero: risanato il disavanzo, occorre attenersi a uno standard condiviso di gestione per evitare sgradite sorprese. Poi, l’annuncio: ai tagli, seguirà una fase di (oculata) espansione che prevede mezzo miliardo di dotazione alle Usl. Da dove spunteranno? In proposito, il top-manager (forte del sostegno dell’assessore Luca Coletto) mantiene il riserbo. Morale della favola: apertura di credito – non soltanto figurata – ai direttori. Ma d’ora in poi chi sbaglia paga.
Il Mattino di Padova – 23 giugno 2011