I dipendenti e i dirigenti pubblici da collocare in esubero devono essere scelti sulla base di criteri oggettivi e predeterminati che le singole amministrazioni si devono dare, così da evitare ogni forma di arbitrarietà. E questo il principio affermato dal giudice del lavoro di Padova nell’ordinanza 2685/2012 dello scorso 30 novembre. Si tratta della prima pronuncia della giurisprudenza sull’applicazione delle nuove regole sulle eccedenze di personale introdotte dalla legge di stabilità del 2012. Questi principi si applicano anche alle eccedenze che si registreranno nella Pa sulla base del decreto legge 95/2012; ma in questo caso i criteri sono predeterminati direttamente dalla legge, senza lasciare margini di discrezionalità significativi alle singole amministrazioni.
Nel dettaglio l’ordinanza ha annullato il provvedimento con cui un Comune aveva messo in disponibilità un proprio dipendente che era in precedenza titolare di posizione organizzativa e, a seguito della mancata conferma in tale incarico, era stato collocato in un altro settore. Dopo di che, pur in presenza di un altro dipendente della stessa categoria nel settore, era stato dichiarato in esubero. A questo fine era stato utilizzato l’articolo 33 del decreto legislativo 165/2001 modificato dalla legge di stabilità 2012, che prevede la possibilità per le Pa di collocare in esubero personale in soprannumero o comunque nel caso di eccedenze di personale, in relazione alle esigenze funzionali o alla situazione finanziaria. Alla base dell’ordinanza vi è la constatazione che mancano completamente nella comunicazione ai soggetti sindacali i criteri in base ai quali è stata effettuata la scelta dei dipendenti da collocare in esubero. Infatti, in tale documento, si legge nell’ordinanza, «non è indicato alcun criterio di comparazione tra le posizioni lavorative dei dipendenti della categoria sia nella stessa area, che di altre aree; nemmeno si estende la valutazione a dipendenti di categoria inferiore, cosa ammissibile, dovendosi adottare una misura che è prodromica alla cessazione del rapporto. Non viene indicato in ogni caso alcun criterio generale di individuazione della posizione da sopprimere». Di qui si arriva alla conclusione che «l’individuazione del ricorrente come dipendente da collocare in disponibilità abbia carattere mirato, tutto il contrario della oggettività che deve presiedere alla procedura di collocamento in disponibilità». E siamo in presenza di conseguenze assai pesanti e che meritano un intervento immediato perché «il collocamento indisponibilità comporta non solo una riduzione stipendiale, venendo riconosciuto solo l’80% dello stipendio e della indennità integrativa speciale, con esclusione di qualsiasi altro emolumento, ma anche l’esclusione dal contesto lavorativo, particolarmente stigmatizzante perché riferita a un solo dipendente». Si deve inoltre aggiungere l’elevata dose di rischio di risoluzione del rapporto di lavoro, cioè del licenziamento, nel caso in cui il dipendente non sia assunto da un’altra Pa entro il termine massimo di due anni dal collocamento in disponibilità.
I punti-chiave
LA DECISIONE Il giudice del lavoro di Padova ha annullato il provvedimento con cui un Comune aveva messo in disponibilità un proprio dipendente: un titolare di posizione organizzativa che, dopo la mancata conferma dell’incarico, era stato spostato in un altro settore e poi dichiarato in esubero
LA MOTIVAZIONE Il giudice ha rilevato che nella comunicazione ai soggetti sindacali è mancata completamente l’indicazione dei criteri in base ai quali è stata effettuata la scelta dei dipendenti da collocare in esubero. Quindi, secondo il giudice, il dipendente non è stato individuato in modo oggettivo ma mirato
Il Sole 24 Ore – 17 dicembre 2012