Stanziati da mondo 700 milioni di euro. Msf accusano: «Siamo al collasso» Morto il missionario spagnolo rimpatriato
di Mario Pappagallo. Oltre 200 morti al giorno. L’Africa occidentale è sotto attacco Ebola. Una nuova piaga, non bastassero quelle che già affliggono i Paesi di quest’area africana: dalla fame alle guerre tribali, dalla malaria alla tubercolosi, dall’Aids alla dengue. E ora Ebola. Il virus infuria e, finora, nessuna delle misure messe in campo è riuscita frenarne la diffusione: c’è il rischio di una «catastrofe umanitaria», avverte il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, mentre i presidenti di Liberia e Sierra Leone definiscono l’epidemia in atto una minaccia «peggiore del terrorismo».
Leggende metropolitane
Ebola come l’Isis? Senz’altro i terroristi vorrebbero avere in mano una fialetta con il virus da utilizzare come arma terrificante. Senz’altro non è un caso che l’unico farmaco finora provato è di una piccola biotech finanziata dal Pentagono. E non va dimenticata la leggenda metropolitana che circolava alla fine degli anni ’80 (Ebola ha colpito la prima volta nel 1976): un virus “modificato” in un laboratorio militare e testato sulla popolazione africana o “sfuggito” al controllo dei manipolatori.
Il bilancio dell’Oms
L’ultimo bilancio dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) conferma la drammaticità della situazione: al 24 settembre, si registrano 3.500 morti e 7.269 casi. I Paesi più colpiti restano la Guinea, la Liberia e la Sierra Leone. Ma casi e morti sono stati segnalati anche in Nigeria e Senegal. Emergenza «planetaria» l’ha definita ancora Obama di fronte all’assemblea generale dell’Onu: «Se l’epidemia non sarà fermata potrebbe esserci una catastrofe umanitaria nelle aree più colpite – ripete – e in un’era in cui le crisi regionali possono rapidamente diventare minacce globali. Fermare l’Ebola è interesse del mondo intero. È una minaccia alla sicurezza regionale e globale». Discorso da guerra. Ed ancora: il presidente ha sottolineato che fermare il virus «è una priorità degli Usa» ma «deve anche essere una priorità del mondo. Le organizzazioni internazionali – ha aggiunto – devono muoversi più velocemente e mobilitare altri partner». Parole dure anche quelle del segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon: «Ebola uccide oltre 200 persone al giorno, due terzi delle quali sono donne», ha detto, rendendo poi omaggio ai 300 operatori sanitari (medici e infermieri) morti a causa del virus. In alcuni casi però, ha rilevato, «i programmi locali stanno portando risultati promettenti. C’è una enorme spinta politica perché le Nazioni Unite guidino la risposta internazionale a Ebola, e l’organizzazione internazionale eserciterà questo ruolo». E un appello a «fare ancora di più» è stato lanciato sempre ieri anche dal direttore dell’Oms, Margaret Chan.
Aiuti economici dal mondo
Prime risposte: la Banca mondiale stanzierà altri 170 milioni di dollari (oltre ai 230 già approvati) per aiutare i Paesi africani colpiti. E 30 milioni di euro in più arrivano anche dall’Unione europea. Lo ha annunciato il presidente della Commissione, José Manuel Barroso, nel suo intervento a New York. I finanziamenti dell’Ue al momento sono pari a circa 150 milioni di euro. A cui vanno aggiunti gli 11 milioni immediati erogati per l’emergenza all’Oms e a Medici senza frontiere (Msf) «per rafforzare le capacità sanitarie locali e regionali e sostenere i bilanci dei paesi colpiti». Aggiungendo quelli stanziati dalla Casa Bianca siamo a oltre 700 milioni di euro. I fondi verranno usati soprattutto per aumentare il numero dei lavoratori sanitari impegnati in Liberia, Guinea e Sierra Leone. Misure fondamentali se si considera, avvertono i Centers for disease control (Cdc) di Atlanta, che in Liberia soltanto il 18% dei malati è curato in ospedale. Per forza: mancano i letti e molte persone muoiono a casa, aumentando così il rischio di contagio. Anche perché è diffusa l’opinione che in ospedale ci si ammali di più. «Mentre parliamo qui a New York – ha detto ancora Barroso migliaia di persone stanno lottando per continuare a vivere, affrontando la paura dell’infezione o di perdere i propri cari. I miei pensieri sono per queste persone. Vorrei anche rendere omaggio a tutti i lavoratori dei siti sanitari locali e internazionali che fin dall’inizio si sono mobilitati per la cura di migliaia di persone. Essi rischiano la vita per combattere l’epidemia».
L’accusa di Msf: «Strutture al collasso»
Molto duro l’intervento all’Onu di Msf. «La realtà oggi è questa: le promesse non si sono ancora concretizzate. I malati sono disperati, le loro famiglie e chi si prende cura di loro sono arrabbiati, gli operatori umanitari sono esausti. Mantenere la qualità delle cure è una sfida immensa», ha detto Joanne Liu, presidente internazionale di Msf. «I tassi di contagio raddoppiano ogni tre settimane – ha aggiunto – mentre paura e panico si stanno diffondendo rapidamente. Un numero crescente di persone sta morendo per altre malattie come la malaria a causa del collasso dei sistemi sanitari. Senza il vostro aiuto, andremo molto al di là delle peggiori previsioni. Oggi Ebola sta vincendo». Il quadro di chi è in prima linea fin dall’inizio non è roseo: «La nostra struttura da 150 posti letto a Monrovia apre ogni mattina per soli trenta minuti. Solo poche persone vengono ricoverate per occupare i letti di chi è morto durante la notte. I malati continuano a essere mandati indietro, tornano a casa e diffondono il virus tra i propri cari e vicini». Poi bacchettate ai potenti: «I centri di isolamento che avete promesso devono essere realizzati ora. L’onere non può essere lasciato a un numero limitato di Stati. La noncuranza è un nemico peggiore del virus. La risposta deve essere adeguata, precisa e organizzata. Inoltre, non deve essere delegata a terzi. Gli Stati non possono limitarsi a costruire i centri di isolamento. Non basta. Le Ong possono gestirne alcuni, ma dovrete essere voi a gestire tutti gli altri. Non è possibile prendere scorciatoie. Un’azione diretta e massiccia è l’unica via percorribile. Sarà estremamente impegnativo. Aumentare la risposta presenterà difficoltà organizzative enormi. L’Onu non può fallire nel coordinare e dirigere questi sforzi». E, infine, un messaggio chiaro di Joanne Liu al mondo della scienza e delle aziende farmaceutiche: «È necessario uno sforzo altrettanto significativo per creare un vaccino, un ulteriore strumento per spezzare la catena di trasmissione del virus. Gli attuali modelli di sviluppo dei vaccini, però, non funzioneranno. Abbiamo bisogno di incentivi per la sperimentazione e la produzione, insieme a un partenariato di ricerca e dati open source. L’accesso e la rapida distribuzione di un vaccino sicuro alle popolazioni più colpite è di fondamentale importanza».
Morto il missionario spagnolo
Intanto, in Africa le autorità cercano di frenare l’avanzata del virus anche ricorrendo a misure «estreme», e ieri il governo della Sierra Leone ha ordinato il confinamento immediato alla popolazione di tre regioni e 12 province a tempo indeterminato al fine di contenere la diffusione dell’epidemia. Il provvedimento riguarda circa 1,2 milioni di persone. Una nuova vittima, infine, si registra anche in Occidente: il medico missionario spagnolo Manuel Garcia Viejo, colpito da Ebola, è morto ieri a Madrid, dove era ricoverato da lunedì, dopo il rimpatrio dalla Sierra Leone. Si tratta della seconda vittima di Ebola in Spagna. È stato invece dichiarato guarito il medico americano Rick Sacra, infettato da in Liberia: rimpatriato in Usa, è stato trattato con un siero sperimentale ad oggi segreto. È il secondo medico americano guarito dal virus.
Il Corriere della Sera – 26 settembre 2014