Paura di un contagio dall’Africa, dove ha già fatto mille morti. Test per due persone in Gran Bretagna Il governo Cameron convoca l’unità di crisi: “La minaccia è seria”. L’Ue mobilita i ministeri della Sanità. Da quando è morto anche lui, il medico che curava i malati di Ebola, l’allarme rosso è rimbalzato in tutto il mondo. Adesso la prima ad aver paura è l’Europa. Da mesi in Sierra Leone Omar Khan guidava il centro più importante per la lotta contro l’Ebola, il virus che dall’inizio dell’anno è riesploso in Africa Occidentale facendo quasi mille morti. A Kanema, 320 chilometri dalla capitale Freetown , soltanto una settimana fa il dottor Khan aveva avvertito i primi sintomi del male che provava a debellare.
E’ stato trasferito in una clinica di Medici Senza Frontiere, non c’è stato nulla da fare, con l’Ebola si muore nel 90 per cento dei casi. Con lui sono scomparse altre 3 infermiere: i sanitari sono i primi ad essere colpiti perché il virus si trasmette con i liquidi dei malati (saliva, sangue, feci), e curando persone che in pochi giorni vengono devastate dalle febbri emorragiche è possibile che qualcosa passi a chi le assiste.
L’epidemia di Ebola in Africa occidentale ormai inizia a preoccupare il Vecchio Continente. Soprattutto Londra, che ha ancora un filo diretto con le ex colonie dell’Africa occidentale. L’altro giorno c’è stato il primo morto in Nigeria, e qui a Heathrow sbarcano ogni giorno centinaia e centinaia di nigeriani, la comunità è molto ampia. Ieri il premier David Cameron ha convocato una riunione del “Cobra”, l’unità di crisi che di solito si riuniva dopo gli attentati dell’Ira o di Al Qaeda. Per il ministro degli Esteri Philip Hammond «la minaccia che possa arrivare qui da noi è seria, dobbiamo prepararci, ma la possiche bilità che una volta arrivato qui il virus si propaghi è un’ipotesi molto remota».
In effetti è difficile che una vera e propria epidemia possa trasferirsi in Europa: da tempo il virus è conosciuto, e se qualche viaggiatore in arrivo dall’Africa avverte dei sintomi (i primi sono febbre persistente, dolori muscolari) viene subito messo sotto controllo in centri medici che lo isolano totalmente. In Africa l’epidemia è esplosa per le cattive condizioni igieniche, per le difficoltà del sistema sanitario, anche per la diffidenza nei confronti della medicina tradizionale rispetto a pratiche non ortodosse.
Anche l’Unione europea, che ha offerto fondi alla Sierra Leone per aiutare i suoi medici, ha avvertito tutti i ministeri della Sanità: «Non si può escludere la possibilità che arrivi in Europa, ma la Ue ha i mez- zi per diagnosticare e contenere l’epidemia rapidamente», ha detto una fonte europea all’agenzia TM-News . Due casi sospetti sono stati segnalati in Gran Bretgana, uno a Valencia, in Spagna, ma sono risultati negativi.
In Sierra Leone. Guinea e Liberia le cose invece sono molto più drammatiche, perchè l’epidemia si accompagna a una vera e propria ondata di terrore. Medici senza Frontiere ha detto ieri che «il virus è incontrollabile ». In Liberia e Sierra Leone i governi hanno chiuso le frontiere, ma anche scuole, ministeri, uffici, teatri, cinema, bar. «La tensione comincia a sentirsi anche qui a Freetown», dice Nicola Orsini della Fondazione Avsi dalla capitale della Sierra Leone, «c’è paura fra le persone, non ci si tocca, non ci si stringe la mano, nei supermercati i gestori invitano tutti i clienti a lavarsi le mani con acqua e cloro, l’unica sostanza in grado di uccidere il virus».
L’Ebola è uno di quei virus che attaccano l’uomo derivando dagli animali: per la prima volta apparve nel 1976, in Sudan e nel Congo ex Zaire, nella valle del fiume Ebola. Arrivava da scimmie, scimpanzé, antilopi e anche pipistrelli che lo avevano contratto al loro livello, ma negli umani diventa quasi incurabile.
Ieri in Italia un sindacato di polizia ha protestato con i ministri Alfano e Lorenzin perché non stareb- bero lanciando un allarme adeguato: molti poliziotti continuamente vengono a contatto con migranti che dall’Africa attraversano il Sahara per arrivare a Lampedusa o in Sicilia. Gianni Rezza, direttore del Dipartimento di malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità, spiega però che «un rischio potenziale c’è sempre, ma quei migranti trascorrono mesi prima di arrivare in Europa da zone di eventuale contagio, la malattia mostrerebbe i suoi sintomi e colpirebbe le vittime proprio durante questo lungo viaggio».
Il vero contagio potrebbe arrivare con i passeggeri degli aerei, e infatti molte compagnie aeree hanno già interrotto i voli con Sierra Leone e Liberia. Un nuovo tipo di embargo sembra circondare un’area fra le meno fortunate del mondo.
Saverio Bellizzi, infettivologo : “Il pericolo è remoto, la malattia si trasmette solo per contatto diretto”.
“Non si propaga per via aerea, l’incubazione va dai due ai ventuno giorni” “Per la sua dinamica è difficile che possa arrivare fin qui”
Saverio Bellizzi, infettivologo di Medici Senza Frontiere, fino a poche settimane fa era in Africa a combattere contro l’epidemia di Ebola.
Come avviene il contagio?
«Per contatto diretto con una persona ammalata, che ha sintomolto evidenti. Il virus non si trasmette per via aerea».
Può sbarcare in Italia?
«Il rischio che arrivi dalle coste a Sud è abbastanza remoto, non siamo in una situazione di allarme ».
Perché?
«Per la dinamica della malattia, che ha un andamento tempestoso. In una settimana o dieci giorni si sviluppano sintomi che, senza trattamenti adeguati, portano rapidamente alla morte. I migranti hanno almeno un anno di viaggio alle spalle per attraversare il Sahara e trovare il modo di salpare».
E i voli dall’Africa?
«È una questione di cui si occupa l’autorità aeroportuale inglese, ma tutti gli aeroporti nelle aree a rischio prendono la temperatura dei viaggiatori con sistemi efficaci, e si compilano moduli per verificare i sintomi. È molto improbabile vedere un malato di Ebola girare in un aeroporto: ho chiesto a un paziente guarito, mi ha detto la fatica che ha provato era la somma complessiva di tutte le fatiche di tutte le malattie che aveva avuto, compresa la malaria. I pazienti hanno una febbre devastante, sono stanchissimi, è difficile anche solo metterli in piedi. Come puoi entrare in contatto con persone così, toccandole o armeggiando coi loro liquidi biologici o con il loro sangue?».
E chi è rientrato da una zona rischio?
«Non basta esserci stati per sospettare di aver contratto la malattia. Bisogna aver avuto un contatto stretto, lavato o toccato una persona visibilmente ammalata ed essersi poi portati le mani al naso o alla bocca».
Quali sono i sintomi?
«La febbre a 38 o 38,5, di solito accompagnata da mal di gola. Poi arrivano fatica intensa, diarrea, vomito, dolori articolari e addominali, cefalea… E la febbre diventa molto alta».
Chi ha un dubbio cosa deve fare?
«Il medico valuterà se e dove fare accertamenti. Nella maggior parte dei Paesi africani ora è stagione delle piogge, è probabile semmai che abbia contratto la malaria. L’incubazione di Ebola va da 2 a 21 giorni: se sviluppa la febbre dopo 4 settimane dal ritorno dall’Africa è sicuro che ha altro ».
Cosa succede a chi si ammala?
«Viene isolato per monitoraggio e trattamento: idratazione, nutrizione, farmaci per patologie associate. Si mira a tenere il corpo in buona condizione per permettergli di combattere il virus, che si replica giorno dopo giorno indebolendolo sempre più».
Giovanni Rezza (Iss). “L’Europa è attrezzata, epidemia impossibile”. Pronti a isolare subito i malati
Secondo Giovanni Rezza, dirigente di ricerca dell’Istituto Superiore di Sanità ed epidemiologo, l’allarme di Londra per l’epidemia di Ebola in Africa occidentale è «eccessivo».
Quindi nessun rischio contagio per l’Ue?
«Parliamoci chiaro, nessuno può escludere che un caso arrivi anche qui da noi, ma le possibilità sono davvero molto basse. Una persona che ha contratto il virus si sente subito male, difficile che abbia la forza per affrontare un viaggio. Può capitare che uno parta sano e sviluppi i sintomi della malattia in un secondo momento. Ma anche in questo caso non ci sarebbero grossi pericoli: le nostre strutture sono attrezzate e il personale medico è preparato a isolare i malati».
Negli aeroporti sono state prese misure preventive?
«Sì, certo. Negli aeroporti di Guinea, Sierra Leone e Liberia viene controllata la febbre ai passeggeri prima di imbarcarsi e anche qui da noi i controlli ci sono. Londra e Parigi sono più preoccupate perchè hanno voli diretti con i Paesi colpiti dal virus, ma l’Italia non ha nessun collegamento».
E gli sbarchi via mare?
«In quel caso il rischio contagio è praticamente impossibile. Gli immigrati che arrivano dall’Africa subsahariana in nave hanno alle spalle uno o due anni di viaggio e il periodo di incubazione dell’Ebola è al massimo di 21 giorni. Bisogna ricordare che l’allarme resta regionale, non è mai stato mondiale».
Ma si tratta di un’epidemia eccezionale.
«Questo è vero. Il virus si era sviluppato già in passato in Uganda, Congo e Sudan ma si è sempre trattato di casi limitati. Questa è la prima epidemia che coinvolge l’Africa occidentale ed anche la più grande».
Come si è sviluppata?
«Difficile dirlo con precisione. Di solito il contagio nasce dal contatto con un animale infetto. Un roditore o un pipistrello africano fanno da ospiti intermedi, poi il virus viene trasmesso all’uomo attraverso un morso o un semplice graffio. Nella maggior parte dei casi l’epidemia si argina in fretta, ma questa volta è esplosa in una zona di confine dilaniata da guerre tribali ed è andata subito fuori controllo».
Quali sono i sintomi?
«Febbre molto alta, forti cefalee, emorragie interne. In un paio di settimane si muore. Ma per contrarre l’Ebola bisogna entrare in contatto con i fluidi corporei di una persona contagiata: per salvarsi bastano le giuste precauzioni».[e. cap.]
Repubblica e la Stampa – 31 luglio 2014