Il neo commissario alla Salute dell’Unione europea, Vytenis Andriukaitis, parla dell’emergenza che ha colpito l’Africa occidentale. Ma anche del suo piano per arginare Aids e Tbc. Della politica sui farmaci e delle misure per adottare stili di vita sani in Europa
Unione europea in prima linea per affrontare l’emergenza Ebola. Un’emergenza che per il neo commissario alla Salute Ue, Vytenis Andriukaitis, va risolto “in tempi rapidi”. Perché, ammette, forse si è già perso troppo tempo. “Ebola è un problema che dobbiamo risolvere in fretta – spiega Andriukaitis, già ministro della Salute in Lituania – . Ora l’Europa si prepara ad accogliere casi sul suo territorio preparando mezzi di trasporto, posti letto e formando personale. Per tenerci ‘pronti a curare persone contagiate, spendiamo molti soldi. Mi chiedo quanto tempo resteremo ad aspettare?”.
Qual è la politica da adottare?
“Dobbiamo agire per affrontare l’epidemia in Africa. Bisogna andare in questi paesi. Si tratta di luoghi, dove c’è una povertà totale. Non ci sono bagni, non c’è acqua potabile, l’igiene è scarsa e per questo motivo l’epidemia si espande velocemente. Hanno bisogno di tutto: acqua corrente, bagni igienici, disinfettante. Servono i servizi igienici di base”.
Dobbiamo temere che l’epidemia di Ebola si espanda in Europa? Crede che ci sia un livello di allarme eccessivo in Europa?
“Sì, il panico è eccessivo. In Europa i rischi sono molto bassi, perché i livelli igienici sono molto alti, si può contenere l’epidemia. Sono stato negli ospedali in Africa, anche lì se si seguono i protocolli in modo rigido non bisogna aver paura. L’epidemia si può limitare”.
Eppure ci sono medici che si ammalano in Africa, l’ultimo è un italiano. Ora la Commissione europea ha rivolto un appello ai Paesi membri affinché aumentino gli sforzi per arginare l’epidemia, con l’invio di migliaia di medici e di altro personale. Come tutelare la loro salute?
“Bisogna proteggere chi va in questi paesi con controlli continui, con la possibilità di seguire i protocolli. Medici e sanitari devono lavorare in ‘squadrè e rispettare i turni. Solo così si possono evitare quegli errori che spesso vengono fatti in momenti di stanchezza eccessiva. Sarà anche necessario vaccinare i sanitari. Tra l’altro, gli studi sui primi vaccini stanno dando risultati incoraggianti”.
Che tipo di specialisti servono in Africa, accanto a medici e infermieri?
“Servono epidemiologi che spieghino alla popolazione africana che cosa fare. Gruppi di esperti che possano aiutarli ad arginare l’epidemia, senza abbandonare le loro tradizioni. Servono vaste campagne di informazione. Essere lì ed agire è un nostro interesse primario”.
Secondo lei siamo intervenuti troppo tardi per arginare l’epidemia?
“Sì, dovevamo intervenire in modo più energico prima”.
Lei ha appena partecipato alla conferenza sull’Aids. Siamo in un momento di difficoltà, con 136.000 nuovi casi nel 2013 in tutto il continente Europeo. Quale sarà la politica europea?
“La cifra dei nuovi casi, che si riferisce a tutto il continente Russia compresa, rappresenta un aumento dell’80% rispetto al 2004, mentre delle nuove infezioni circa 29mila riguardano l’area dell’Unione europea. La situazione epidemiologica nei paesi che circondano la Ue è negativa. Mi riferisco a Russia, Ucraina, ma anche nelle aree del Sud. Questo costituisce un pericolo. Serve una nuova leadership politica. Dobbiamo lanciare ancora una volta campagne informative e spingere le persone ad evitare ‘comportamenti a rischio’. Soprattutto vanno evitati atteggiamenti discriminatori. Mi riferisco alla situazione di isolamento in cui si trovano molti tossicodipendenti, ma anche a quanto accade in Russia con le azioni nei confronti degli omosessuali “.
Come affrontare il problema delle ‘malattie dimenticate’ in Europa come la tubercolosi e al riaccendersi dei focolai di altre malattie infettive come il morbillo. Negli ultimi anni in Gran Bretagna, Francia, Spagna e Belgio i dati sono cresciuti in fretta.
“Anche qui serve più informazione per combattere le malattie di tipo infettivo. Ma soprattutto è necessario combattere la povertà. E’ ovunque anche nelle città europee più ricche. A Strasburgo, capitale dei Diritti dell’uomo, ho visto persone dormire per strada. Come dice il Presidente Junker, la Ue è formata da 28 stati e un ventinovesimo Stato: quello composto dai poveri: sono 36 milioni di persone. Bisogna combattere la povertà che porta alla diffusione di molte malattie infettive”.
L’Italia è uno dei paesi con il record europeo di casi di epatite C. C’è stata molta polemica sui costi elevati dei farmaci di nuova generazione. L’Ema, l’Agenzia europea per il farmaco, ha appena raccomandato la tripletta AbbVie, definendola ‘altamente innovativa’ per combattere questa malattia. Adotterete una politica unica sul prezzo di questo farmaco?
“L’Europa non può adottare una politica unica sul prezzo dei farmaci. Si può invece vigilare sui comportamenti delle multinazionali e sulla ricerca. Esistono comunque strumenti utili per i singoli Stati. Per quanto riguarda le malattie infettive anche l’Italia può aderire al Joint procurement agreement, un accordo che permette ai singoli governi di comprare quantità ingenti di medicinali, pagandoli di meno”.
Per combattere ictus, infarti e tumori è anche adottare stili di vita sani. Avete in mente qualche cosa di particolare in materia di prevenzione.
“La prevenzione è un punto chiave per tutelare la Salute delle persone, ma anche per tagliare i costi della Sanità. Quando ero ministro della Sanità in Lituania ho dedicato molto spazio questo punto. Bisogna lavorare sulla prevenzione per evitare che le malattie infettive si diffondano, ma anche quando si parla di quelle non infettive bisogna evitare ‘i fattori di rischio’. Per questo un’altra parola importante è promozione per spingere le persone a seguire stili di vita corretti. Bisogna combattere la diffusione di alcol e tabacco. Va sostenuta la diffusione di prodotti salutari nell’alimentazione, come cibi sani. La terza parola chiave per me è: protezione. Persone con dipendenze come, ad esempio i tossicodipendenti, non vanno abbandonate. Va creata una rete di salvaguardia con centri dove accoglierli e curarli”.
Repubblica – 2 dicembre 2014