Il Veneto è in allerta per l’emergenza ebola, l’i nfezione che ha già colpito 8.914 persone tra Liberia, Guinea Conacrì e Sierra Leone (alcuni casi si sono registrati anche in Nigeria), uccidendone 4.447. Una strage, aggravata dal fatto che ora il virus ha toccato Usa ed Europa (Spagna, Germania e Belgio), spingendo l’Italia ad alzare le difese. Tutte le regioni stanno potenziando il sistema di protezione e la nostra, capofila per la sanità, ieri ha riunito all’ospedale di San Bonifacio 250 tra dirigenti delle Usl, primari di Infettivi e Pronto soccorso, virologi, epidemiologi, medici di famiglia e infermieri, per definire protocolli operativi con cui gestire eventuali casi sospetti e conclamati.
«Nel nostro Paese non esiste epidemia — ha detto l’assessore alla Sanità, Luca Coletto — ma un sistema sanitario serio deve prepararsi a ogni emergenza, senza fare allarmismo ed evitando però pericolose sottovalutazioni». Tre le procedure da adottare in caso di paziente a rischio, come spiegato da Francesca Russo, responsabile regionale Sanità Pubblica, e da Paolo Rosi, coordinatore dei Suem 118. Prima: se al 118 telefona una persona che denuncia febbre alta, astenia, dolori articolari e muscolari, vomito, diarrea, esantema cutaneo diffuso e arriva da uno dei tre Paesi al centro del contagio, bisogna inviargli un’ambulanza con personale formato e le dovute protezioni, che lo porterà agli Infettivi. Seconda: se il soggetto si rivolge al medico di base, quest’ultimo non lo invierà al Pronto soccorso ma chiamerà il 118. Terza: nel caso in cui il malato si presenti al Pronto soccorso, l’infermiere del Triage lo accoglierà standogli a uno-due metri di distanza e se lo riterrà opportuno lo condurrà in una stanza isolata e allerterà un infettivologo. Se la diagnosi di ebola fosse confermata, il paziente sarà inviato ai due ospedali di riferimento nazionale, lo «Spallanzani» di Roma e il «Sacco» di Milano. Per consentirne il trasferimento in sicurezza (allertate le Prefetture), la Regione comprerà cinque camere mobili di isolamento, da installare sopra il letto o la barella. Spesa: 50 mila euro. Ed è solo l’inizio, tutta l’organizzazione anti-ebola rischia di costare molto. Palazzo Balbi ha infatti avviato la ricognizione nelle Usl per capire se le scorte di scafandri, guanti e mascherine siano adeguate o da aggiornare. Un’uscita in più che stride con il taglio alla sanità deciso dal governo Renzi (-160 milioni per il Veneto), perciò Sergio Chiamparino, a capo della conferenza delle Regioni, ha scritto una lettera al premier perchè provveda. Invece il segretario regionale della Sanità, Domenico Mantoan, ha richiesto al ministero della Salute l’autorizzazione a fare del laboratorio di microbiologia dell’Azienda ospedaliera di Padova, già riferimento nazionale per molte malattie, il terzo braccio del sistema di prevenzione, accanto a Milano e Roma. Potrebbe esaminare i campioni inviati dagli altri ospedali e confermare o meno la diagnosi di ebola. Intanto sul fronte della discussa ordinanza «anti-ebola», che impone il divieto di dimora a chi, profugo o clandestino, non produce un certificato medico, va registrata la nuova presa di posizione del sindaco Bitonci: «L’ordinanza me l’hanno già chiesta vari sindaci veneti».
Michela Nicolussi Moro – Il Corriere del Veneto – 18 ottobre 2014