Per fare le sue “politiche”, quelle promesse agli elettori in campagna elettorale, l’esecutivo dovrà quindi trovare le risorse all’interno del bilancio dello Stato, sacrificando più di un capitolo di spesa. Non solo detrazioni e deduzioni per scendere da quattro a tre aliquote Irpef nel 2024. Ma forse anche i 7 miliardi del Reddito di cittadinanza, messi nel mirino come bacino da cui attingere. Qui il governo ha tagliato già un miliardo, ne toglierà altri due e potrebbe arrivare a dimezzarlo, nel decreto Lavoro del Primo maggio, dando solo un rimborso spese agli “occupabili” per il tempo di seguire un corso di formazione.
Non ci sono molte altre alternative. In base al nuovo Patto europeo, «noi dobbiamo andare sotto il 3% di deficit e ci andiamo nel Def», ragiona Fedele De Novellis, economista e partner Ref Ricerche. Il Documento porta l’indebitamento dal 4,5% del Pil di quest’anno al 3,7% del prossimo, per poi atterrare al 3% nel 2025 e al 2,5% nel 2026. E il Def è stato già concepito, in linea con il documento Ue di febbraio preparatorio del nuovo Patto (le “guidance”), per garantire la “traiettoria tecnica” discendente che il nuovo Patto ora chiede ai Paesi di rispettare in un piano a quattro o sette anni. L’Italia abbasserà di due punti sia il deficit che il debito portandoli nel 2026 rispettivamente al 2,5% e al 140,4%.
Nessuna manovra aggiuntiva, quindi. Almeno per ora. Perché lamanovra il governo l’ha fatta già nel Def. «Beneficiando del venir meno delle misure per il caro energia e dell’effetto Superbonus che sgonfiano il deficit», dice ancora De Novellis. «Ma incorporando però una spesa per interessi crescente verso 100 miliardi nel 2026 e gli investimenti aggiuntivi del Pnrr non coperti da sovvenzione che lo alimentano». Si spiega così anche il tentativo del governo Meloni di ridiscutere il Pnrr, allungandolo nelle scadenze, anche per liberare quella quota di deficit che potrebbe essere spesa per le politiche elettorali. «È però sbagliato dire che il Def è immobilista e non c’è niente, perché c’è il Pnrr».
Questo è il punto. L’Europa propone all’Italia nuove regole più morbide, anche spalmate su piùanni, per la riduzione «graduale, ma costante» di debito e deficit, purché siano fatti investimenti in grado di rivitalizzare l’economia e di alimentarne la crescita. Esattamente la stessa logica del Pnrr. «Il Pnrr consente di fare politiche di domanda e dare impulso alla crescita », dice Stefania Tomasini, economista e senior partner di Prometeia. «È questa la strada, se il governo vuole creare spazi per altre misure. Perché altro non c’è, a meno di voler tagliare la spesa o alzare le tasse. Stiamo già camminando sul filo e il Def è molto prudente nella discesa del debito che resta molto alto, al 140% del Pil. E lo stesso nervosismo delle agenzie di rating nei confronti dell’Italia non rassicura. Anche se non vedo un declassamento dietro l’angolo».
Il nuovo Patto di stabilità è un percorso di rientro concordato pluriennale, una dieta dopo la sbornia del Covid e post Covid fatta di bonus, tassi bassi, regole Ue sospese. La festa è finita. Si tira la cinghia. «Il Def lo dimostra in modo limpido, l’austerity è nei numeri », spiega ancora De Novellis. «La spesa, fissata a livello nominale, è quasi invariata nell’orizzonte dei quattro anni. Ma con un’inflazione dell’8-10% nello stesso arco temporale significa un taglio reale sul personale e sulla sanità, ad esempio, dello stesso importo».
Ecco dunque che gli unici spazi che il governo si è ricavato rialzando di pochissimo il deficit — lo 0,1% quest’anno e lo 0,2% per il prossimo — serviranno a poco. Circa 3,5 miliardi andranno a riduzione del cuneo fiscale dei lavoratori dipendenti. Ma la misura, che somma altri due tagli, vale oltre 8 miliardi annui e scade a dicembre. Gli altri 4,5 miliardi per il 2024 sono la base di partenza di una manovra che appare già ora molto essenziale. Anche sommando la “spending review”, il taglio della spesa dei ministeri da 1,2 miliardi. Troppo poco per le promesse elettorali. E senza la possibilità di alzare il deficit che da ieri è praticamente blindato.