Trattative tra Lagarde e Roma: se la situazione peggiora un prestito per dare a Monti 18 mesi di tempo per le riforme
Se le ispezioni dell’Fmi in Italia concordate summit del G20 a Cannes non sono ancora iniziate è perché il direttore Christine Lagarde vuole dare tempo a sufficienza a Mario Monti per varare le riforme, riservandosi la possibilità di aiutarlo con un programma di aiuti finanziari che potrebbe arrivare a valere fino a 600 miliardi di euro. Il Fondo monetario internazionale ha già varato programmi di aiuti per i Paesi europei in difficoltà a causa delle crisi del debito: prima per l’Islanda, poi per il Portogallo, l’Irlanda e infine per la Grecia. L’esistenza di precedenti relativi a interventi coordinati assieme alle istituzioni europee aiuta a comprendere cosa potrebbe avvenire anche se ciò che distingue la debolezza italiana sono le dimensioni del debito, circa 2000 miliardi di euro ovvero più della somma di tutti gli altri Paesi europei che già ricevono aiuti.
Da qui la possibilità del varo di un «programma Italia» che, secondo stime circolate negli ambienti dell’Fmi a Washington, potrebbe avere un valore compreso fra 400 e 600 miliardi di euro al fine di dare al governo Monti 12-18 mesi di tempo per varare le necessarie riforme, alleviandolo dalla necessità del rifinanziamento del debito. Garantendo tassi fra il 4 e 5 per cento, l’Fmi offrirebbe all’Italia condizioni assai migliori rispetto ai mercati, dove siamo già oltre il 7-8 per cento, e ciò metterebbe Roma al riparo dalle pressioni in crescendo sui titoli di Stato. L’entità della cifra è tuttavia tale da rendere difficile per il Fmi operare solo sulla base delle risorse attualmente disponibili. Dovrebbero essere incrementate e per farlo ci sono diverse possibilità: dall’emissioni di nuovi Diritti speciali di prelievo a interventi coordinati con la Banca centrale europea guidata da Mario Draghi.
Tale ultimo scenario nasce dal fatto che le resistenze di Berlino ad un maggiore impegno della Bce a sostegno degli Stati in difficoltà – a cominciare dall’Italia – potrebbero venir meno se si trattasse di fondi destinati ad essere elargiti sotto la stretta sorveglianza dell’Fmi. Vi sarebbe stata almeno una conversazione telefonica fra Monti e Lagarde per dar seguito a quanto deciso a Cannes alla luce del fatto che la situazione finanziaria internazionale è maturata in maniera tale da far sembrare il summit del G20 già passato remoto. Se a inizio novembre l’allora premier Silvio Berlusconi fu in grado di respingere l’offerta di aiuti finanziari dell’Fmi limitandosi ad accettare di «invitare» ispettori destinati a vegliare sulle riforme e sui conti, sperando così di rassicurare i mercati, oramai la crisi del debito italiano ha assunto dimensioni tali che le missioni del Fondo monetario non appaiono più sufficienti ad arginare la pressione sui titoli di Stato, come le aste dell’ultima settimana hanno confermato.
L’accelerazione della crisi del debito europeo, con le pressioni sui titoli di Francia-Belgio e l’asta di quelli tedeschi andata deserta, rafforza la convinzione negli ambienti dell’Fmi che sia l’Italia la nazione in questo momento da sostenere per evitare il crac dell’euro. La differenza con il summit di Cannes è però anche la maggiore credibilità di Monti rispetto al predecessore e questo spiega perché non è oggetto di pressioni politiche internazionali ma anzi Lagarde, come l’amministrazione di Washington, sia intenzionata a verificare la possibilità dell’Italia di procedere verso altri due scenari. Primo: la possibilità che dopo l’annuncio dei nuovi provvedimenti di riforme, i mercati reagiscano in maniera positiva, allentando la pressione sul debito. Secondo: l’eventualità che l’accordo con Nicolas Sarkozy e Angela Merkel evidenziato dal summit trilaterale di Strasburgo porti al successo di interventi di sostegno da parte dell’Ue e della Bce.
Ecco perché l’opzione dell’Fmi di varare un programma ad hoc per l’Italia si profila al momento come una carta in più che Monti potrà avere a disposizione se la presentazione delle riforme non dovesse bastare ad allontanare le nubi della speculazione finanziaria dall’Italia. Se Largarde e Monti dovessero concordare il «programma Italia», sarebbe uno staff dell’Fmi a negoziarne i dettagli con Roma prima di sottoporlo all’approvazione del consiglio dell’Fmi indicando da un lato l’entità dei prestiti e dall’altro le condizioni relative. Poiché l’Italia ha una condizione di bilancio migliore di altri Paesi europei è ragionevole supporre che tali condizioni dell’Fmi potrebbero concentrarsi su due aspetti: la necessità di ridurre il debito e di aumentare la crescita.
27 novembre 2011