Paolo Russo. Prima ha blindato il miliardo in più del fondo sanitario già programmato per il prossimo anno. Cosa non scontata, visto che dal 2006 al 2016 si sono volatilizzati ben 30 miliardi promessi dai vecchi documenti di programmazione economica. Poi Giulia Grillo ha strappato al titolare dell’Economia, Giovanni Tria, la promessa di portare a 115,4 miliardi la dotazione per Asl e ospedali, due in più di quest’anno. Soldi che il ministro della Salute vuole investire prima di tutto per abrogare il superticket da 10 euro su visite e analisi, che secondo il suo dicastero vale tra i 350 e i 380 milioni e non 800 come sostengono le Regioni.
I giochi non sono ancora chiusi perché le cifre su reddito di cittadinanza e quota 100 ballano ma la Grillo si è fatta forza di una tabella spuntata dai cassetti del Mef, dove «a legislazione vigente», ossia senza tagli, il fabbisogno della Sanità per il prossimo anno sarebbe di 117,2 miliardi, per crescere fino a 121,8 nel 2021. Rimanere agli attuali 113,4 significherebbe rischiare il collasso del sistema. Minacciato dalla serrata annunciata dai medici, in attesa di un rinnovo contrattuale al palo da nove anni, che ha comportato per i camici bianchi una perdita di potere d’acquisto degli stipendi pari a 32 mila euro netti. Per evitare la paralisi in ospedali e ambulatori il ministro ha promesso il miliardo che serve a finanziare il rinnovo contrattuale, al quale avrebbero dovuto pensare le Regioni con accantonamenti annui che molte di loro hanno invece già speso.
Ma le risorse in più serviranno anche a ripopolare le corsie sempre più a corto di medici. Da qui a cinque anni negli ospedali ne mancheranno 45 mila, ai quali, secondo il sindacato di categoria Anaao, se ne aggiungeranno altri 25 mila tutti in un anno, che avranno la possibilità di andare in pensione con 38 anni di contributi e soli 62 di età, come previsto da quota 100. Per evitare l’esodo il vice di Tria, Massimo Garavaglia, ha annunciato un correttivo: per i medici ci sarà il divieto di cumulo, che secondo il governo renderà poco conveniente il pensionamento, poiché i camici bianchi non potrebbero lavorare privatamente.
Ma la mossa da sola non basta. Per questo la Grillo ha un piano. Prima di tutto togliere il tetto alla spesa per il personale, per legge ferma a quella del 2004 diminuita dell’1,4%. Poi un decreto sblocca-concorsi, ai quali potrebbero partecipare i laureati in Medicina senza attende di finire la scuola di specializzazione, mentre chi ne frequenta l’ultimo anno potrà essere già assunto con dei contratti ad hoc. In manovra dovrebbe entrare anche il «piano Marshall» per riammodernamento degli ospedali, visto che il 60% ha più di 70 anni. Investimenti pluriennali che ammonterebbero a 32 miliardi.
La manovra sanitaria porterà però anche risparmi. Circa un miliardo dovrebbe arrivare dal ricalcolo del così detto «pay back», il ripiano degli sfondamenti di spesa farmaceutica a carico delle industrie. Altre risorse saranno garantite dalla ricontrattazione del prezzo dei medicinali più costosi e dalla voce bene e servizi, applicando il metodo Hta, che permette di pesare il costo in funzione dei reali benefici di una attrezzatura o di un farmaco. Ad esempio non compro una Tac multistrato se faccio accertamenti per i quali vanno bene quelle tradizionali meno costose.
La Stampa – 5 ottobre 2018