Il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi torna a insistere sulla crescita lenta del paese su cui pesano anche le carenze infrastrutturali e sulla necessità di concentrare gli sforzi negli investimenti visto che la spesa complessiva delle finanze pubbliche, per raggiungere il famoso pareggio di bilancio nel 2014 nell’ambito di un riequilibrio dei conti «non più rinviabile», verrà tagliata in termini reali del 7%. Nei trasporti inoltre occorre accelerare liberalizzazione e concorrenza aprendo il mercato a nuovi soggetti. «Non è più rinviabile un duraturo riequilibrio della finanza pubblica» ammonisce e «vista l’elevata pressione fiscale è inevitabile un significativo contenimento della spesa».
Solo un forte recupero di efficienza può contenere l’impatto del taglio della spesa degli investimenti (-2% per il 2011 e -1,6% nel 2012) sulla crescita, spiega. Il ritardo delle infrastrutture che sconta l’Italia peraltro, sottolinea Draghi, non è riconducibile «solo a una carenza di spesa» ma deriva da una serie di fattori e dalla qualità della programmazione. «La necessità del consolidamento dei conti pubblici – rimarca Draghi – impone scelte fondate su un vincolo di bilancio pluriennale e su una sistematica comparazione dei costi e dei benefici di progetti alternativi».
Per questo, secondo Draghi, «non c’è altra soluzione che innalzare l’efficienza della spesa, migliorando le procedure che la governano». Uno dei punti critici è quello dell’avvio simultaneo «del maggior numero possibile di opere con conseguenze negative sulla capacità di portarle a termine entro i tempi stabiliti». Peraltro l’impatto della spesa sulla crescita dell’economia dipende «dall’efficienza con cui le risorse sono impiegate e dal successivo utilizzo delle opere» e non solo dalla dotazione del capitale pubblico. Il governatore sottolinea poi come nel settore dei trasporti per, poter conseguire «significativi guadagni di produttività» occorra «un’accelerazione nelle politiche di liberalizzazione e per la concorrenza». Un invito che si traduce nella necessità di «favorire e gestire i processi di apertura dei mercati ai nuovi entranti».
Altro punto dolente è poi quello degli appalti: un sistema che «nonostante le numerose riforme degli ultimi anni», «risulta ancora caratterizzato da un’elevata frammentazione» e le cui procedure «espongono le amministrazioni a rischi collusione e corruzione». Un contesto che, rileva Draghi, allontana gli investimenti privati. «I contratti di partneriariato pubblico-privato dal 1990 al 2009 hanno contribuito solo per il 3% alla spesa totale in opere pubbliche contro il 4-5% in Germania e Francia e il 12% in Spagna».
Lastampa.it – 28 aprile 2011