Una lunga giornata scandita da vertici e riunioni prima del via libera definitivo. In mattinata il premier incontra i capidelegazione di maggioranza. Nel pomeriggio sarà del Cts e delle Regioni che prenderanno visione del nuovo decreto. Il nuovo decreto prevede l’Italia divisa per zone: rossa, arancione e verde
Oggi è il giorno del nuovo Dpcm. In serata arriverà la firma del premier Giuseppe Conte sul nuovo decreto che contiene misure anti-Covid ancora più stringenti per cercare di contenere la seconda ondata di contagi da coronavirus in Italia. Ma soprattutto, ed è questa la novità, il documento prevede regole diverse per aree. Questa volta, infatti, il governo ha deciso poche misure uguali in tutta Italia ma restrizioni differenziate per zone. La giornata però sarà lunga, dettata da appuntamenti e vertici
La mattinata, verso le 9.30, è iniziata con la riunione tra il premier, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro, il ministro Francesco Boccia ed i capi delegazione della maggioranza. L’obiettivo: fare un punto sulla situazione e definire insieme le nuove norme che saranno contenute nel Dpcm. È previsto poi un nuovo incontro in videocollegamento con le Regioni alle 15.30 e a seguire dovrebbe tenersi un nuovo confronto con il Cts. Di sicuro, Conte prima di firmare il decreto che resterà in vigore fino al prossimo 4 dicembre, dovrà avere l’ok dai governatori.
Il testo del nuovo provvedimento ancora non esiste. Ma si conoscono già i principali dettagli a livello nazionale: didattica a distanza al 100 per cento alle scuole superiori, limiti alla mobilità fra Regioni a rischio, centri commerciali chiusi nel weekend e nei giorni festivi. E ancora: non apriranno i musei, le sale bingo e quelle scommesse, i mezzi pubblici potranno essere pieni al 50 per cento e ci saranno limiti alla circolazione delle persone di sera con un coprifuoco che scatterà, molto probabilmente, alle 21.
La novità principale è che l’Italia sarà divisa per zone: rossa, arancione e verde. L’immagine che bisogna avere in mente è quella di un semaforo: il rosso segna lo stop, l’arancione il rischio e il verde il via libera. L’inserimento di una Regione in una delle tre fasce di criticità “avverrà con un’ordinanza del ministro della Salute”. In pratica il provvedimento avoca al ministro Speranza la responsabilità di intervenire d’imperio, scavalcando i governatori.
Nella zona rossa, in cui sono state inserite Lombardia, Piemonte e Calabria, verrà applicato un lockdown cosiddetto “soft”: resteranno aperte solamente le industrie e le scuole fino alla prima media. Il resto seguirà le lezioni da casa. Chiusi tutti gli esercizi commerciali, compresi parrucchieri ed estetisti. Nessuna serrata per i servizi essenziali, ovviamente farmacie e supermercati saranno aperti al pubblico come a marzo scorso. “Sarà un lockdown light sul modello tedesco per non bloccare il Paese”, ha spiegato anche la sottosegretaria alla Salute Sandra Zampa.
La seconda area è quella arancione di cui fanno parte Puglia, Liguria e Campania: i ristoranti restano chiusi, le loro serrande rimangono abbassate tutto il giorno e non più solo dopo le 18. Sono salvi però parrucchieri e centri estetici. Oltre quindi alla serrata dei locali, restano in vigore le regole generali.
E infine, l’ultima zona è quella verde, con regole meno rigide ma comunque più restrittive rispetto al decreto dello scorso 24 ottobre. Qui rientra il resto di Italia. Si farà meno shopping perché i centri commerciali saranno chiusi nel weekend, il trasporto pubblico è dimezzato. Dopo la chiusura di cinema e teatri un altro colpo alla cultura: anche i musei restano chiusi. Alle 21, poi, finisce la giornata: tutti dentro casa quando scatterà il coprifuoco nazionale, salvo ovviamente motivi di salute o lavoro.
Solo le Regioni ‘rosse’ sono, quindi, in lockdown ‘soft’ che per molti aspetti ricorda quello della primavera scorsa. L’unico punto in comune tra la quarantena di marzo e le nuove chiusure contenute nel Dpcm in arrivo è l’autocertificazione, ma in versione modificata. Che andrà utilizzata di nuovo quando saremo costretti a spostarci.
Repubblica