Raccontano che il governatore Luca Zaia fosse furibondo e deciso ad avere sul suo tavolo nomi e cognomi dei colpevoli. «Perché non ne sapevo nulla? Perché non sono stato immediatamente informato?». Bersaglio della strigliata, ieri, durante la riunione della giunta, gli assessori Luca Coletto (Sanità), Gianpaolo Bottacin (Ambiente) e Giuseppe Pan (Agricoltura) che il 17 novembre scorso ricevettero dal segretario della Sanità Domenico Mantoan l’ormai celeberrima relazione relativa all’incontro della commissione tecnica sulle Pfas del 21 ottobre, incontro in cui furono discussi il dossier dell’Arpav, lo studio del Registro nascite-malattie rare e l’analisi del Servizio epidemiologico. Che cosa dicessero queste carte, finite tutte in procura, lo stesso Zaia l’ha saputo soltanto due mesi e mezzo dopo, all’inizio di gennaio, dai giornali. E non erano belle notizie.
Nelle aree inquinate dalle Pfas, a cavallo delle province di Padova, Vicenza e Verona, sono emersi aumenti della clampsia, del diabete gestazionale, dei nati con peso molto basso, dei nati piccoli per età gestazionale, anomalie del sistema nervoso, del sistema circolatorio e cromosomiche. Non solo. È stato registrato anche un «moderato ma significativo eccesso di mortalità» per una serie di patologie «possibilmente associate a Pfas» come cardiopatie ischemiche, malattie cerebrovascolari, diabete mellito, Alzheimer, ipotiroidismo. Quanto basta perché Mantoan chieda in calce alla relazione «ai soggetti istituzionalmente competenti la tempestiva adozione di tutti i provvedimenti urgenti a tutela della salute della popolazione volti alla rimozione della fonte della contaminazione». Il che significa spostamento della Miteni di Trissino, la ditta individuata da Arpav come responsabile degli sversamenti di Pfas, se non la sua chiusura definitiva.
I «soggetti istituzionalmente competenti» si possono individuare tra i destinatari della relazione di Mantoan, ossia i tre assessori Coletto, Bottacin e Pan, il segretario della Programmazione Ilaria Bramezza e il presidente della Provincia di Vicenza (ente a cui spettano le autorizzazioni ambientali) Achille Variati. Il plico, però, per motivi ancora da chiarire finisce chiuso in un cassetto (allo scoppiare del caso sia Coletto che Bottacin ammettono di non saperne nulla) e, aspetto ancor più curioso, nessuno si premura di avvisare Zaia (e come lui i consiglieri regionali) che per due mesi resta all’oscuro e negli ultimi dieci giorni assiste ad uno stillicidio di notizie. Nell’ordine: Legambiente e il comitato «Terre dei Pfas» presentano due esposti alle procure di Verona e di Vicenza con la richiesta di sequestrare gli impianti Miteni e indagare per omissione di atti d’ufficio Coletto, Bottacin, Pan, Bramezza e Variati; i sindaci pretendono subito «nuove analisi indipendenti»; Variati annuncia il riesame delle autorizzazioni a Miteni (precisando che «un problema così ampio non può essere affrontato dalla Provincia, deve intervenire la Regione»); il sottosegretario all’Ambiente Barbara Degani accusa la Regione di «aver dormito» e di voler ora «scaricare le colpe su altri»; la Miteni stessa pretende la convocazione di una commissione tecnica aperta ai suoi esperti.
Di qui la sfuriata di Zaia contro tutti, assessori, capi segreteria, dirigenti, con Coletto (in particolare), Bottacin e Pan a scaricare su Mantoan che con le sue mosse finirebbe per metterli in difficoltà: «Sta a lui dirci se dobbiamo prendere qualche misura contro Miteni, a capo della commissione tecnica c’è lui e al momento non ci ha fornito elementi nuovi per imporre lo stop agli stabilimenti». Ma Mantoan non sembra per nulla intenzionato ad accollarsi responsabilità che considera di esclusiva competenza del decisore politico. Risultato: tutti fermi, nessuno decide alcunché (anche perché le procure stanno ancora indagando), mentre a Palazzo Balbi c’è chi avverte: «Per impatto sanitario, ambientale ed economico questa storia delle Pfas rischia di diventare l’Ilva del Veneto». Eccesso di catastrofismo? Bottacin ricorda ad ogni occasione che l’acqua è stata subito messa in sicurezza con i filtri e intanto ieri la giunta ha deliberato la costituzione di parte civile in un eventuale futuro processo contro i responsabili.
Ma questa vicenda, oltre a riaccendere il mai sopito dualismo tra Coletto e Mantoan, pone pure un altro interrogativo, che travalica i confini dell’assessorato alla Sanità: può funzionare una Regione in cui assessori e dirigenti non si fidano gli uni degli altri, si rimbalzano le responsabilità e accettano di comunicare tra loro solo in forma scritta?
Il Corriere del Veneto – 18 gennaio 2017